
di Silvia Bardi
Tutte le strade portano a Poti. Va bene, forse non tutte, ma parecchie. Ci si arriva dallo Scopetone, dai Molinelli, dalla Valcerfone, da San Polo e da Villa Severi con il sentiero che il Cai di Arezzo ha dedicato a Gianpaolo Matteagi che lo ha più volte percorso e tracciato.
Proprio sui suoi passi il 18 luglio, con ritrovo a Villa Severi alle 7,30 e partenza alle 8, si terrà la seconda edizione della marcia "A Poti a piedi" con la Fondazione Arezzo Wave, il Calcit, l’associazione A piede libero e il patrocinio della Provincia. Aperta a tutti, non competitiva, con le guide ambientali e il rinfresco a offerta del Calcit questa escursione ad anello di venti chilometri con un dislivello di 900 metri, ha uno scopo ben preciso: "Vogliamo ricordare agli aretini di amare la loro montagna e di ricominciare a frequentarla. Era il luogo di ritrovo dei nostri genitori - fa notare Mauro Valenti di Arezzo Wave - un posto bellissimo ora abbandonato".
La denuncia è palese: Regione Toscana, Provincia e Comune di Arezzo, i tre enti istituzionali coinvolti nel mantenimento e nella salvaguardia della montagna aretina, negli ultimi anni hanno fatto poco e nulla, il resto lo hanno fatto i vandali, dai disboscamenti senza controlli all’illuminazione che ogni volta viene abbuiata.
Da non sottovalutare il rischio crollo dello storico Albergo di Poti, un luogo da salvare come tutto il villaggio di baite che ricordano come la nostra montagna fosse meta estiva di tantissime famiglie che quassù passavano al fresco le vacanze in tutto il secolo scorso e soprattutto negli anni Sessanta e Settanta. Ci sono vecchie cartoline in bianco e nero che la raccontano dall’alto dei suoi 974 metri come il "Paradiso di Arezzo". Ora restano qualche villetta, il rifugio delle suore, ruderi e quel che i vandali hanno lasciato dell’Albergo e dell’ex stabilimento Fontemura che continua a crollare e a rendere la strada impraticabile.
E pensare che c’è già pronto un progetto per il suo recupero e per proteggere Poti, e quindi in modo diretto anche la città, da alluvioni, dissesti idrogeologico, tagli di abeti indiscriminati, mancanza di manutenzione del bosco e dei canali di scolo. A preoccupare di più è proprio l’albergo. Questioni private dei proprietari che fanno prevedere tempi lunghissimi per un suo eventuale recupero. "Le istituzioni devono intervenire, magari recintando l’area, mettendola in sicurezza, affiggendo cartelli di avviso di pericolo, provvedere alla manutenzione o addirittura sequestrandola - ipotizza Giancarlo Sassoli del Calcit - in quelle condizioni può crollare da un momento all’altro". Non se la passa bene nemmeno il villaggio delle baite invaso dalle sterpaglie.
Tutto nasce nel 1954, è Umberto Perrotta, dirigente della Società Industria Agricoltura di Roma, a trasformare Poti in un centro di villeggiatura costruendo l’albergo pensione "Alpe di Poti" e gli chalet prefabbricati. Lassù dieci anni dopo, nel 1968, nascerà anche il Villaggio Sacro Cuore con la sua cappella, su firma dell’architetto Mario Mercantini. Un villaggio creato per ospitare le colonie estive dei bambini e gestito dalle Piccole Ancelle del Sacro Cuore. Ed è quassù che è nata anche la Poti Pictures, la casa di produzione cinematografica per attori con disabilità, che d’estate durante le vacanze girava i primi cortometraggi autoprodotti. C’è la storia che le giovani generazioni non conoscono. Il primo passo è stato fatto dall’imprenditore aretino Fabrizio Gargiani che ha ristrutturato la baita, poco distante dall’albergo, per metterla a disposizione dei clienti del suo agriturismo Borgo Nuovo di Mulinelli e degli aretini che ci vogliono passare qualche giorno.