LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"La mia guerra raccontata ai ragazzi"

La professoressa Alla teme per i genitori: "Per noi vivere sottoterra è diventata un’abitudine"

di Lucia Bigozzi

"Vivere sottoterra per noi è normale dopo quello che abbiamo passato, prima con i comunisti dell’Urss poi coi presidenti filorussi, oggi con Putin che vuole tutta l’Ucraina ma non l’avrà". La voce di Alla Garyachuk, 42 anni, ha nel tono la fierezza di "un popolo che resiste sapendo di andare a morire perché la potenza militare russa è superiore. Ma fino all’ultimo i miei fratelli ucraini combatteranno per la libertà e io sono molto orgogliosa di essere ucraina".

Eugenio e Galia sono i genitori che vivono nelle campagne di Pavlivka, distese sterminate coltivate a cereali, nel grande granaio d’Europa. "Nella nostra casa c’è un rifugio sotterraneo, di circa tre metri di profondità con una scala che scende ma ogni palazzo o edificio, soprattutto nelle città, ha un luogo sottoterra utilizzato come riparo. Viviamo da sempre con l’incubo di possibili attacchi da parte della Russia perché ci siamo già passati e la storia dall’inizio del Novecento lo ha dimostrato. Ciò che accade ora, viene da lontano" spiega Alla nell’ora di "buco" tra una lezione e l’altra d’inglese, a scuola. Il villaggio dove è cresciuta si trova nella regione centrale di Cherkassi, provincia di Umanj, a circa 160 chilometri da Kiev.

"Mamma e papà sono contadini, non sono scappati perché non credevano che Putin avrebbe invaso la nostra terra, come la maggiorparte degli ucraini, nonostante quello che ha fatto nel 2014 con la Crimea o dieci anni prima quando scoppiò la rivoluzione arancione. E ora è troppo tardi, spero solo che quella zona in aperta campagna, dove ci sono solo campi e piccoli villaggi non venga bombardata. Tuttavia loro hanno il rifugio per difendersi, lo stesso luogo dove fino a qualche settimana fa conservavano patate e rape, coltivate nei loro terreni". Alla racconta la guerra in presa diretta – tra video e contatti costanti con famiglia e amici – nel Paese dal quale è partita nel 2003 per seguire il marito, un medico aretino, "conosciuto a Kiev l’anno prima". Insieme hanno costruito la famiglia, due figli, e Alla ha voluto fortemente una seconda laurea all’università di Siena per trasformare in realtà il sogno coltivato fin da piccola: insegnare. E’ prof alla media "Severi" di Arezzo e alla "Marcelli" di Foiano dove ha partecipato all’assemblea promossa dalla preside Anna Bernardini per spiegare ai ragazzi cosa è la guerra sul campo, non in un videogioco sul telefonino.

"Hanno fatto molte domande su come gli ucraini vivono questa tragedia. E’ importante confrontarsi su un tema che riguarda tutti". Dai genitori nella casa di campagna sono appena arrivati "parenti in fuga da Kiev, abbiamo familiari ovunque, spaventati dalla violenza dei russi, ma non si arrendono. Molte donne che conosco si sono arruolate nell’esercito ucraino, altre specie nelle campagne, preparano scatolette con carne di maiale da mandare al fronte. Ognuno fa la sua parte: è per questo che Putin non vincerà…", fa una pausa nella foga di un racconto doloroso, ancor più straziante se vissuto a migliaia di chilometri di distanza "col pensiero fisso ai miei cari in quell’inferno". Alla aveva programmato di tornare in Ucraina a breve, ma è arrivata prima la guerra. "Sto cercando di far arrivare in Italia i miei genitori ma si rifiutano" dice mentre la campanella suona e la lezione sta per ricominciare.