REDAZIONE AREZZO

La grande palude medioevale in Valdichiana che fu il teatro delle Giostre del Toppo

La storia di un paese che una volta era solo una Pieve emersa in un lago mefitico e che ora è una zona industriale fra le più importanti

diⓀ⚵Claudio Santori

Una lacuna nella storia d’Arezzo è stata colmata, grazie anche alla circostanza dell’anniversario dantesco, dallo storico dell’arte Valentino Minocchi con il suo ultimo saggio, fresco di stampa: “Pieve al Toppo – Storia, cultura e lavoro dell’alta Valdichiana”, edito da Cianferoni di Stia con il patrocinio del Comune di Civitella.

Come recita infatti il sottotitolo, il libro prende le mosse dalle ormai arcinote “Giostre del Toppo” per legare in una campata di grande efficacia sintetica il presente operoso e ricco d’arte e di cultura ad un passato tanto suggestivo quanto nebuloso che si spinge fino al basso Medio Evo, quando la zona era un mortorio di acque stagnanti dove una chiesina, appunto la Pieve al Toppo, era l’unico segno di vita e campeggia nella copertina del libro in una foto che più d’autore non si può, scattata com’è da Vittorio Alinari in persona nel 1921, in occasione del VI centenario dantesco.

E poco importa se si tratta in realtà di un oratorio ottocentesco, essendo la vecchia pieve (“madre vegliarda” secondo la bella definizione di don Tafi) irreparabilmente sepolta sotto terra: immerso com’è nella vegetazione, si erge solitario e trasmette, senza la fuorviante presenza della chiesa moderna, l’arcano messaggio che proviene dagli abissi del tempo!

E Valentino Minocchi sviluppa questo messaggio, dalle “Giostre del Toppo” all’univoco scorrimento delle acque verso nord fino al definitivo prosciugamento di un territorio che andava dalla periferia sud di Arezzo fino a raggiungere Chiusi coprendo un’estensione di poco più di 8.500 ettari!

Di pagina in pagina Minocchi documenta il progressivo popolamento di quell’area con le gran

di fattorie granducali prima e con le leopoldine dopo, fino al miracoloso sviluppo novecentesco di un tessuto urbano che letteralmente esplode per l’opera intelligente ed accorta di operatori, autentici pionieri, nei vari settori manifatturieri, dal tessile al calzaturiero, dal meccanico all’orafo, ai mobili per l’arredamento.

Così la Valdichiana che agli inizi degli anni Settanta presentava un modesto 7,9% di occupati nell’industria, compie in pochi anni l’incredibile balzo in avanti del 66,5% e l’industria mobiliera assurge a livello nazionale con le ditte Baldo Bruno, Mobilsette, Fratellii Nocciolini e Frate.lli Del Tongo.

Minocchi ha trovato nel conteggio delle famiglie, e quindi degli abitanti, tenuto dal parroco, don Raffello Menti, una sorta di stato civile ante litteram, i cui dati fotografano un incremento demografico che rispecchia l’imponente sviluppo del secondario e del terziario e confermano lo “sviluppo irruente e oserei dire prepotente con il quale si presenta ai giorni nostri” rilevato da Silvio Lucattini nel suo saggio su Pieve al Toppo.

Nel 1945 Pieve al Toppo era un coacervo di 11 famiglie con un numero di abitanti di poco superiore ad una classe affollata! Nel 1966 le famiglie erano diventate 149 con 600 abitanti; nel 1969 erano salite a 231 con 1040 abitanti; nel 1976 erano 317 con 1322 abitanti e nel 1981 erano 449 con 1575 abitanti.

“Cominciarono a nascere - conclude Minocch i- casette qua e là, altre furono costruite vicino alle prime. Fu un fiorire di comode e civettuole costruzioni, che tuttora prosegue con ritmo sempre più prepotente che ha fatto della Pieve al Toppo una preziosa cittadina, dove si vive ogni giorno un’intensa operosità artigiana e industriale”.

Presente industriale, si diceva, ma anche ricco di arte e di cultura. E Minocchi coglie al volo un’occasione preziosa per ricordare l’arte di Giuseppe Ursi, il maestro ceramista aretino di adozione che occupa un posto di assoluto rilievo nella creatività artistica italiana del Novecento ed ha legato indissolubilmente il suo nome allo stabilimento Del Tongo con“L’evoluzione della cucina”, lo straordinario pannello in maiolica verde che sintetizza il passaggio dal focolare alla cucina componibile, arredo domestico senza il quale sarebbe impensabile la vita di ogni famiglia moderna.

Minocchi richiama l’attenzione anche sull’arte di Antonio Faccioli, che da modesto professore di educazione artistica nella Scuola Media di Badia al Pino è diventato con le sue meravigliose case coloniche, chiese e strutture architettoniche povere, il poeta e la vestale della Valdichiana e della sua essenza profonda. La sua arte testimonia fra l’altro l’abbandono delle campagne: nei suoi lavori infatti è totalmente assente l’elemento umano e a parlare sono solo le pietre.

Con piacere ho trovato infine nel libro un’ampia sezione dedicata ad un’altra vestale della Valdichiana, l’estroso scrittore e storico dell’arte Piero Greci alla cui felice ispirazione storico-lirica si deve quel piccolo capolavoro che è il dramma in tre atti “Le giostre del Toppo”, rappresentato a Mugliano nel 700° anniversario della battaglia, il 25 giugno 1988, con la regia di Pierangelo Mazzeschi.

La Brigata aretina degli Amici dei Monumenti ne curerà appena sarà possibile una rappresentazione. Il Minocchi dal canto suo, in collaborazione col Comune di Civitella della Chiana sta preparando una mostra nel corso della quale potrà essere finalmente esposto al pubblico il grande plastico (cm. 200 x 300) che offre un’intrigante ipotesi ricostruttiva della battaglia resa celebre da Dante (…Lano sì non furo accorte le gambe tue alle giostre del Toppo). Il libro può essere richiesto al Comune di Civitella.

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