La doppia vita di Gratien, "prete e frequentatore di lucciole": l'ordinanza contro il frate. Freddo, calcolatore e capace di uccidere

Ecco perchè il Riesame lo tiene in carcere. "Abituato alla più disinvolta simulazione, può aver ucciso senza alcuna remora"

ARRESTO DI GRAZIANO_4760973_010033

ARRESTO DI GRAZIANO_4760973_010033

Arezzo, 21 maggio 2015 - Da un giorno guarda la sua cella quasi come una seconda casa, avendo capito che rischia di non uscirne per diverso tempo. Padre Gratien deve rassegnarsi alla sua condizione di detenuto in attesa di un probabilissimo processo.

La decisione del Riesame ha confermato l’impianto accusatorio incardinato dal pubblico ministero Marco Dioni e validato dal Gip Piergiorgio Ponticelli; e ha definito la personalità del frate: freddo, calcolatore, con un tale grado di autocontrollo da poter commettere un delitto in pochi minuti.

Motivazioni? Durissime. Gratien, si legge nel dispositivo, è capace di «adeguare la versione alla bisogna». Gratien, si legge testualmente, «è una persona abituata alla più disinvolta simulazione dal momento che conduce una doppia vita di sacerdote oltreché di frequentatore di prostitute e di amante di donne...Alabi non ha avuto remore a commettere un atroce delitto, rivelando un’indole fredda e priva di remore morali, che ne fanno un soggetto pericolosissimo con tendenza ad avvicinare donne sprovvedute».

Eccolo Padre Graziano per come esce dall'ordinanza con cui il tribunale del Riesame ha respinto il ricorso della difesa che chiedeva la libertà per il frate. E' un uomo, scrivono i giudici, capace di grande autocontrollo, lo dimostra il modo in cui si è districato fra il suo ruolo di sacerdote le le molteplici frequentazioni femminili, comprese quelle di alcune prostitute.

Il tribunale affronta anche il nodo giuridico più difficile: di come fosse possibile ipotizzare, sostanzialmente in base agli stessi indizi, il salto di qualità dal favoreggiamento all'omicidio volontario con distruzione di cadavere. Ha affrontato tali rischi negli ultimi mesi, dice il Riesame, che può averlo fatto solo per difendere se stesso, non semplicemente per favorire dei terzi ancora ignoti.

A carico di Padre Graziano restano tutti i grandi indizi ormai ben noti e sottolineati anche dai giudici fiorentini: il possesso del telefonino di lei, il tentativo di depistare le indagini suggerendo lo scenario della fuga d'amore con il marocchino, la figura introdotta da settembre dello zio Francesco, presunto mediatore fra Guerrina in fuga e il frate. Più i pizzini emersi dalla scrivania di Padre Graziano, gli appunti su Guerrina che non c'è più e sul telefonino che è caduto in acqua.

Il religioso premostratense aveva chiesto attraverso il suo avvocato Luca Fanfani di essere liberato o in subordine, ma l'ipotesi vista la gravità del reato era sempre apparsa del tutto marginale, di poter accedere agli arresti domiciliari. No, Graziano resta in carcere, lì dove era stato portato dopo l'arresto avvenuto a Roma nel convento dell'ordine religioso. Resta in carcere e al momento non arretra sulla decisione di non parlare. In serata ha incontrato il suo avvocato Luca Fanfani.

Davanti ai giudici del Riesame si erano confrontate le due posizioni. Da una parte quella della Procura, che ha ribadito quelli che considera indizi gravi sulla colpevolezza del religioso, In testa gli orari, le ultime telefonate ricevute da Guerrina e il fatto che dal cellulare di Guerrina sia partita quella telefonata al prete nigeriano il cui numero era a conoscenza del solo Graziano.

Da parte sua Fanfani aveva provato ad aprire uno scenario diverso. Guerrina non soltanto vantava 4 mila contatti (sms e chiamate) con Padre Graziano, ma anche (negli stessi mesi) altre centinaia con Dawit Tades, l’etiope.

Da febbraio in poi telefonate e messaggini passati dal cellulare del figlio di Guerrina. E ce ne sarebbero 25, per un totale di 27 minuti, solo il 30 aprile, ultimo giorno prima di sparire. Per Fanfani questo poteva bastare a far cadere il teorema secondo cui Padre Graziano sarebbe stato l'unico sospettato. Ma ora la sentenza non far che confermare la scelta dell'arresto.