MARIANNA GRAZI
Cronaca

"Io, dalla corsa agli Oscar al Cassero". Delpero al Castiglioni Film Festival: "È bello portare il cinema da voi"

La regista apre la rassegna e si racconta. "Eventi come questo aiutano a resistere e a difendere il cinema". Dal paese della storia scelta per Hollywood alla Valdichiana. "Amo le piccole realtà, custodiscono la cultura".

Maura Delpero, regista del film Vermiglio, ha aperto il Castiglion Film Festival

Maura Delpero, regista del film Vermiglio, ha aperto il Castiglion Film Festival

"È bello che esistano spazi come questo festival che valorizzano anche il dialogo, non solo la visione". Così Maura Delpero commenta la sua presenza al Castiglioni Film Festival, dove ieri sera era ospite in occasione della proiezione del suo film Vermiglio, già vincitore del Gran Premio della Giuria a Venezia 81. Da sempre attenta ai margini e alle voci sottili dell’anima, la regista ha incontrato il pubblico e i giovani autori.

Era mai stata a Castiglion Fiorentino? "No, quindi sono molto contenta di venire. Conosco molto bene la Toscana ma non la provincia di Arezzo".

Cosa rappresenta per lei un festival come questo? "È fondamentale soprattutto che certe rassegne continuino a esistere. Ed è bello che i registi e gli attori possano partecipare per una sorta di ruolo di difesa del cinema. Sono occasioni di incontro, di scambio e sono modi per continuare a portare avanti l’idea del cinema in sala, o all’aria aperta, della visione collettiva".

Per un’artista affermata è ancora importante confrontarsi con giovani autori e autrici? "Sicuramente. Quello dei festival come questo è un contesto in cui c’è più mescolanza, meno gerarchia e rigidità. Poi il cinema è un’arte talmente strana che un’artista con grandissima esperienza può sempre imparare da un esordiente".

Castiglion Fiorentino è un piccolo paese come Vermiglio. L’ambientazione può diventare protagonista della narrazione? "Credo di sì, tanto è vero che ho deciso di intitolare il film come il paese. Sentivo che era un film su una comunità, su un certo modo di esserlo diffusissimo in tutta Italia. Al di là della specificità della valle trentina moltissimi spettatori hanno rivisto dinamiche e situazioni simili a tantissimi paesi. L’Italia è fatta di piccole identità con una grande cultura".

In Vermiglio si percepisce una tensione tra tradizione e trasformazione. C’è il messaggio che voleva trasmettere? "Non un messaggio, piuttosto l’idea di fotografare un momento di cambiamento. Il passaggio tra una realtà di paese in cui viveva quel tipo di comunità al tempo di guerra e poi, con il boom economico, la dominante urbana che ha portato a vivere in maniera diversa. Far vedere quest’ultimo momento dell’Italia che è stato il nostro passato recentissimo, dov’eravamo e dove stiamo andando".

Che rapporto ha col pubblico? "Belissimo. Quando scrivo e dirigo film penso a un pubblico ideale che mi assomiglia, cerco di fare film che mi piacerebbe vedere. È uno scambio fruttuoso, spesso mi rivela aspetti del film che ho curato più inconsciamente".

Maura Delpero bambina sarebbe contenta di ciò che è diventata? "Sono convinta di sì, perché ero una bimba molto immaginativa, che immaginava tante storie, tante situazioni. Poter fare un lavoro in cui un aspetto cruciale è il poter immaginare è bellissimo. E poi è un mestiere che mi permette di lavorare a progetto e di viaggiare, due tendenze che ho fin dall’infanzia, quindi credo che sarebbe stata contenta".

E se sua figlia le decidesse di lavorare al cinema ne sarebbe felice? "Vorrei avesse un lavoro che le piace, qualunque sia, che l’appassiona. Se poi sarà il cinema bene, è un ambiente duro, difficile, però ripaga".