
Il Pascoli segreto Pasquini e il poeta della malinconia
Quella cavallina dal mantello grigio scuro e tempestata di piccole macchie bianche si ribellava a tutti: meno che al suo padrone. E sarebbe stata lei l’unica testimone del suo omicidio. L’omicidio di Ruggero Pascoli, nella notte di San Lorenzo del 1867. Omicidio che sarebbe rimasto scolpito nella storia grazie ai versi del figlio Giovanni. Giovanni Pascoli, la cui poetica è raccontata con cura certosina da un critico aretino, Stefano Pasquini. Aretino doc, famoso soprattutto per il suo mestiere di avvocato, super esperto di diritto amministrativo.
Ma con la passione della letteratura e della filosofia: numerosi i suoi studi sugli aretini nella Divina Commedia, su Kafka, su Sartre e Heidegger. La sua ultima fatica, che poi è passione pura, è dedicata proprio a Pascoli. Il libro si intitola "Il pensiero poetico di Giovanni Pascoli", pubblicato con la Pàtron Editore, una delle più importanti case editrici sul poeta romagnolo.
Il saggio è inserito nella “Collana rivista pascoliana” e condivide le pagine con esegeti assoluti dello scrittore, da Mario Pazzaglia ad Alfonso Traina, da Pier Vincenzo Mengaldo a Giuseppe Nava. In quel saggio Pasquini ha spremuto cinque anni di studi: a dargli il "la" era stata la sua compagna Carla Dainelli. Oggi non c’è più e anche questo gli ha dato la forza di andare fino in fondo. Tutto era iniziato da una visita insieme a San Mauro, lì dove la cavallina storna era arrivata orfana del suo padrone. E come spesso si diverte a fare Pasquini ha battuto strade diverse dal solito. Non ha seguito l’ordine cronologico delle poesie ma i concetti forti della sua poetica.
La voce, la religione familiare, la natura, la dissolvenza dell’io, la speranza e la disillusione. Una via trasversale ma capace di andare oltre la superficie per riproporne il mondo interiore. A cominciare dal legame tra la vita e la morte, l’inizio raccontato a partire dalla fine, sorta di "trailer" dell’esistenzialismo. Un mondo in bilico tra l’essere e il nulla, lì dove tutto è sempre in procinto di evaporare. Un eterno faccia a faccia con la morte che trovava nella poesia una straordinaria vitalità. E che Pasquini descrive nei dettagli, quasi ripercorrendo a ritroso la corsa mortale della cavallina.
Alpi