Il Csm dà il via per il nuovo procuratore, ma parte l'appello di Rossi

Sbloccato a maggioranza l’iter del concorso che va a intrecciarsi però con il ricorso dell’ex capo dei Pm che chiede anche la sospensiva

Roberto Rossi

Roberto Rossi

Arezzo, 16 luglio 2020 - Il consiglio superiore della magistratura dà il via libera all’iter per la nomina del nuovo procuratore di Arezzo, quello che dovrebbe sostituire Roberto Rossi non confermato a ottobre, ma va subito a intrecciarsi con il secondo ricorso presentato dall’ex capo dei Pm, che dopo essere stato sconfitto davanti al Tar ha già fatto appello al consiglio di stato. Il che allunga ancora lo stato di incertezza che da mesi regna al terzo piano di Palazzo di giustizia, quello della procura, dove per ora c’è un procuratore reggente, Luigi Bocciolini, applicato dalla procura generale di Firenze.

Ed è probabile che questo stato di cose prosegua in’autunno. Il plenum del Csm ha sbloccato il concorso, sospeso dal Tar prima che si pronunciasse contro Rossi, con l’astensione di un consigliere togato di Unicost, il napoletano di origine subbianese Michele Ciambellini, e di un laico di Forza Italia, Michele Cerabona, che già si erano espressi contro la mancata conferma del procuratore, di cui era stato relatore Pier Camillo Davigo.

Tuttavia, l’iter non potrà partire lo stesso, perchè Rossi, con l’appello al consiglio di stato di fatto blocca tutto. Quando verrà fissata la data dell’udienza potrò chiedere una nuova sospensiva anche di questa seconda delibera. Oppure potrà sollecitare l’organo d’appello della giustizia amministrativa in direzione del cosiddetto merito breve, cioè una pronuncia del merito che arrivi prima che il concorso arrivi alla scelta di un nuovo procuratore.

Nel frattempo, però, i magistrati interessati potrebbero avere il tempo per presentare domanda, dal che si capirebbe chi aspira alla guida della procura aretina nel caso Rossi sia ancora battuto. La mancata conferma del procuratore uscente, cui il ministro della giustizia Alfonso Boafede aveva negato il concerto, era stata giustificata con una lesione dell’indipendenza del magistrato, «almeno sul piano dell’immagine».

A Rossi Davigo aveva in sostanza rimproverato di essere stato membro del dipartimento affari legislativi di Palazzo Chigi per un anno nel mentre ministro del governo Renzi era Maria Elena Boschi, figlia di Pierluigi, vicepresidente di Banca Etruria, e potenziale indagato del crac. In realtà, all’epoca in cui Rossi chiese il via libera al Csm, l’ipotesi di un’indagine su babbo Boschi era ancora di là da venire. E quando arrivò l’insolvenza, il signor Pierluigi fu tra i primi indagati.