Il buco nero del lavoro. Nel giro di dieci anni mancheranno 36 mila dipendenti

Sono i numeri della Cgia di Mestre che ha fatto il quadro dell’emergenza demografica che esploderà negli anni: 16 posti su 100 non saranno occupati. La causa principale è una: le culle sono sempre più vuote.

Il buco nero del lavoro. Nel giro di dieci anni mancheranno  36 mila dipendenti

Il buco nero del lavoro. Nel giro di dieci anni mancheranno 36 mila dipendenti

di Luca Amodio

come le province del Sud Italia. Nel giro di 10 anni nella nostra provincia mancheranno oltre 36 mila lavoratori. Una vera e propria fuga con numeri simili a quella che è stimata per i territori di Potenza, Avellino e Oristano. Non benissimo, ecco. Va detto che è una stima su previsioni demografiche e che quindi non sta parlando nessun Oracolo ma soltanto la Cgia di Mestre che nel suo report settimanale ha fatto un po’ il quadro dell’emergenza demografica che il Belpaese sta vivendo ed esploderà negli anni a venire. Sì perché nel paese mancheranno ben 3 milioni di lavoratori nel 2034, cioè di persone in attività lavorative, comprese tra i 15 e 64 anni. La causa principale è una: le culle sono sempre più vuote, "gli italiani fanno sempre meno figli" per citare quello che è diventato un luogo comune ma che è la premessa dell’inverno demografico che a dirla tutta stanno vivendo un po’ tutti i paesi del mondo Ocse. Ecco perché va fatta una premessa: la situazione è generalizzabile e le cause sono economiche e sociali e non basterebbe un corso universitario per elencare tutte. C’è però una questione cruciale per il nostro territorio: la crisi prende tutto lo Stivale ma la nostra provincia è l’undicesima più colpita tra le 107 prese in considerazioni. Come mai? Si entra nell’ambito delle ipotesi qui, ma va subito detto che il nostro territorio è uno di quelli da cui i giovani scappano e che quindi in prospettiva avrà una popolazione più anziana e meno lavoratori. Chi conclude gli studi qui e vuole frequentare l’Università spesso si trasferisce in un’altra città per studiare e, anche se fa il pendolare, in molti casi decide poi di spostare il suo domicilio altrove una volta presa la laurea. Non per forza verso le grandi metropoli come Roma o Milano che comunque vantano il loro richiamo ma anche verso altre province "simili" alla nostra che però negli anni hanno saputo investire sui ragazzi che hanno un profilo specializzato o altamente specializzato: Perugia, Parma, Siena, Pisa, Padova, per dirne alcune. Difficile per un laureato in marketing internazionale o in ingegneria biomedica trovare un’occupazione congrua alle sue aspettative qui. Per citare un altro dato, sempre la Cgia Mestre stimava che erano circa 6mila i giovani che la provincia aveva perso tra calo della natalità ed emigrazione verso altre province in cui il futuro appariva meno torbido.

Un calo del 10% in soli dieci anni (2013-2023), tre volte superiore rispetto alla flessione a livello regionale (-3,6%).Una vera e propria emorragia di energie fresche. Lo ribadiamo: tutte le province in Italia saranno investite dalla situazione ma l’Aretino è il territorio della Toscana che si stima accuserà più il colpo con una flessione del 16% sui lavoratori che oltretutto già in molti casi si fatica a trovare.Ma i fattori sono anche altri: a cominciare da tutti quei servizi di welfare che alleggeriscono le famiglie del carico di cura che altrimenti dovrebbero rivolgere ai figli che se sviluppate possono anche incentivare (anziché disincentivare) le nascite.