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Cronaca

Il batterio che uccide i frutteti. Scovato in un’azienda tre anni fa: "Test negativi, ridotto il rischio"

Dindalini presidente Cia tira un sospiro di sollievo: le conseguenze subite non sono state gravi

Il batterio che uccide i frutteti. Scovato in un’azienda tre anni fa: "Test negativi, ridotto il rischio"

Tre anni fa venne individuato in un’azienda agricola della Valdichiana. Da allora l’Erwinia amylovora, denominato volgarmente "colpo di fuoco batterico", era stato trovato nei comuni di Monte San Savino, Arezzo e Civitella in Val di Chiana. Erano state le indagini svolte dal servizio fitosanitario e dall’istituto per la protezione sostenibile delle piante, nel 2021, 2022 e 2023 a confermarlo. Per questo era stata delimitata un’area attorno al focolaio dove, mediante un piano di azione rivolto ai frutticoltori, ai vivaisti, agli apicoltori e a tutti i cittadini coinvolti nella gestione delle piante ospiti di Erwinia amylovora, aveva prescritto misure per l’eradicazione dell’organismo nocivo, attuando indagini annuali per accertarne la diffusione.

Tra le piante da frutto, i sintomi del colpo di fuoco batterico si esprimono in maniera molto grave sul pero, mentre la malattia risulta meno distruttiva sul melo e cotogno.

Fiori e foglie colpite appassiscono ed imbruniscono. I giovani frutti imbruniscono e mummificano. Fiori, frutti e foglie imbruniti/anneriti rimangono attaccati al ramo, spesso anche sino alla fine della stagione vegetativa. La progressione dell’infezione sui rami, sulle branche e sul tronco causa così la formazione di cancri. I cancri che si estendono attorno all’intera circonferenza di un ramo, di una branca o dell’intero tronco portano al completo disseccamento dell’organo interessato o della pianta intera. Per circoscrivere il più possibile l’azione del batterio "La direttiva obbligava gli agricoltori a piantare solo piante certificate, una sorta di patente attestante la non presenza del batterio. E poi limitazioni erano state previste per gli apicoltori, le api sono tra gli "strumenti" di diffusione del batterio" spiega il direttore della Cia, Massimiliano Dindalini.

"Fortunatamente non sono state gravi le conseguenze subite dalle nostre aziende. Il rischio era che il batterio si propagasse vista la facilità di diffusione" continua Dindalini.

Ma fortunatamente, "In questi giorni è arrivato un dato positivo: il numero complessivo dei campioni risultati positivi alle analisi di laboratorio è diminuito nei tre anni - spiega Dindalini. - Per questo è stata notevolmente ridotta la zona protetta, rimanendo solo parte della Valdichiana e un pezzetto di Arezzo, nella zona tra Alberoro e Pieve al Toppo. A dimostrazione che l’opera di contenimento attuata dalle nostre aziende ha funzionato".