
di Lucia Bigozzi
Un Caronte fatto di cartapesta e fuoco. Traghetta le anime all’Inferno e sulla barca tiene salvagenti sporchi di sangue, metafora delle esistenze di migranti inghiottite dal Mediterraneo. C’è la vita con le sue tribolazioni e la morte con il suo mistero nell’opera di Giosuè Vendepane, 22 anni, foianese, che da grande vuole fare lo scultore e nel frattempo studia all’Accademia di Belle Arti, a Perugia.
E’ lui il vincitore del concorso d’arte "Romeo Gallenga Stuart" che oltre al riconoscimento offre l’opportunità di esporre al Manu (Museo Archeologico nazionale dell’Umbria). Dai primi passi nell’associazione culturale "La Bottega dell’arte" dove ha approcciato le tecniche del disegno, all’esperienza nei cantieri del carnevale foianese dove generazioni di artisti da oltre un secolo creano i giganti di cartapesta che tra febbraio e marzo sfilano per le vie del centro storico.
"Quella per la cartapesta è una passione che porto con me fin da piccolo e mi accompagnerà per tutta la vita", mette subito in chiaro Giosuè. E’ proprio lavorando nel cantiere dei Nottambuli che ha scoperto "la scultura come forma espressiva che preferisco, è disegno che diventa realtà, si fa materia. Lavoro volentieri con la cartapesta perché i fogli di giornale contengono parole e io con le lettere compongo frasi che seguono la forma e comunico il significato delle mie creazioni".
Metodo applicato anche alla realizzazione del Caronte: nella tunica sono riportate terzine di Dante tratte dall’Inferno e riferite al traghettatore di anime. Giosuè ha completato la scultura in un mese scarso nel laboratorio improvvisato a casa e ha scelto Caronte perché "è una figura attinente anche a questo tempo e che ho cercato di immaginare nel 2021, idealizzando un dramma come quello dei migranti". La tecnica si compone di più elementi: "Nella prima fase ho eseguito il calco in creta, poi ho utilizzato il gesso, ho colato il cemento, ho scalpellato la figura. Nella fase finale, ho patinato la forma con bitume, infine la cera per fissare il pigmento sulla scultura. L’ultimo passaggio è stato il fuoco del camino di casa nel quale ho immerso l’opera", racconta Giosuè che quando scolpisce pensa "solo a ciò che sto creando; sono nel mio mondo e sono felice al punto che riesco a vedere l’opera finita ancora prima di iniziarla".