
Svolta per Fort Knox
Arezzo, 9 luglio 2019 - Il caso Fort Knox, il più clamoroso traffico d’oro in nero verso la Svizzera mai scoperto, alla rovescia. Stavolta, infatti, all’offensiva ci vanno gli imputati, i pochi che hanno scelto di andare a giudizio mentre i loro co-accusati patteggiavano a decine. Se infatti l’udienza preliminare giudizio abbreviato è andata di corsa, tanto che c’è pure un primo verdetto di cassazione, il processo principale si è un po’ arenato, come lamentano gli avvocati: appena due udienze celebrate finora a sei anni e otto mesi dal blitz dela Finanza che segnò il clamoroso debutto dell’inchiesta, nell’ottobre 2012., svelando un contrabbando di verghe e lingotti tra Italia e Svizzera con 118 indagati e accuse di riciclaggio avario titolo nella compravendita di metallo prezioso.
Lamentando la lentezza del processo, un gruppo di imputati, difesi dagli avvocati Irene Lepre e Donato Laino di Napoli, ha depositato un ricorso alla corte di appello di Firenze, sezione civile, chiedendo al Ministero della Giustizia l’equa riparazione del danno per violazione del termine ragionevole del processo (secondo la legge Pinto).
Per i due difensori, che considerano sia il danno morale sia il danno materiale subito da aziende orafe di Portici (Napoli), il danno chiesto al Ministero ammonterebbe a circa 850.000 euro. Gli avvocati Lepre e Laino assistono nel processo pendente al tribunale di Arezzo gli imputati Luigi Borrelli, Gianfranco Borrelli, Pietro Borrelli, Agnese Borrelli e Gianluca Ronconi.
«Abbiamo presentato ricorso - spiegano i due legali - perché sono trascorsi circa sei anni e mezzo da quando furono sequestrati a costoro più di 12 milioni di euro ed ancora non è finito il processo di primo grado. Negli anni sono state restituite delle somme ma gli imputati si vedono ancora sequestrati più di 8 milioni di euro. Hanno deciso di difendersi nel processo ma il ritardo della celebrazione ha prodotto a loro, soprattutto alle loro aziende, rilevanti danni economici per cui sono stati costretti a porre in liquidazione le società».
Gli imputati, accusati di riciclaggio, vennero a conoscenza delle indagini con la perquisizione del 30 ottobre 2012 e con un sequestro preventivo dell’8 novembre 2012. Nel ricorso alla corte di appello si evidenzia, tra l’altro, che «dalla richiesta di rinvio a giudizio al decreto che dispone il giudizio al netto delle sospensioni trascorsero quasi 2 anni: una durata talmente irragionevole da eguagliare il termine massimo indicato dalla Corte Edu per il compimento di un giudizio più complesso di primo grado» mentre i tre anni di durata massima del primo grado sono decorsi già all’8 novembre 2015 con un ritardo che, all’udienza del processo prevista per oggi, diventa di 3 anni e 8 mesi.