Export, effetto contagio cinese: 350 milioni a rischio

E’ il 5% del totale: la parte minore va direttamente a Pechino & C., il grosso (oro e moda) passa da Hong Kong. E’ il secondo sbocco dei gioielli. Imprese col fiato sospeso

Oro Arezzo è ripartito

Oro Arezzo è ripartito

Arezzo, 29 gennaio 2020 - Loro tremano già, nonostante il Coronavirus sia un’ombra ancora lontana, quasi un’eco del quale, al di là della paura ancestrale del contagio, non si avvertono effetti concreti. Loro sono gli imprenditori (e le aziende) che esportano in Cina o ad Hong Kong, che del fu Impero Celeste è il retroterra, i quali osservano allibiti le immagini delle città paralizzate, di un paese immenso nel caos da cordone sanitario, delle strade deserte e dei grattacieli fantasma.

Pare niente per chi quei filmati li guarda dalla poltrona di casa, distante quanto il cielo o la luna, ma per chi con Pechino e dintorni ci lavora (ad esempio Monnalisa di cui parliamo nell’altra pagina) sono 350 milioni di export a rischio, il 5 per cento dei sei miliardi totali che il sistema Arezzo invia fuori. Qualche dato allora, rielaborato dalle statistiche della Camera di Commercio.

Nel 2019 (e manca ancora l’ultimo trimestre) le imprese di questa provincia hanno inviato in Cina qualcosa come 84 milioni di manufatti, il doppio dell’anno precedente e quasi il triplo del 2017, quando l’export si era fermato a 32 milioni. Un mercato, dunque, che era in impetuosa crescita, fino a rappresentare da solo, senza l’hub di Hong Kong, che è di gran lunga la parte più rilevante, l’1,5 per cento delle esportazioni locali.

Che ne sarà adesso che il Gigante capitalcomunista sembra sull’orlo del vulcano, per un’epidemia di cui ancora nessuno capisce nè gli effetti nè le dimensioni? Che ne sarà di quelle aziende chimiche che sull’immenso retroterra cinese avevano esportato da sole 33 milioni, ossia un terzo del complessivo? Il resto è fatto di partite molto più piccole.

Quelle di maggior significato sono i 3 milioni di computer e apparecchi elettromedicali, gli altri 3 di apparecchiature elettriche più i 3 di mezzi di trasporto. Tutte imprese che adesso stanno col fiato sospeso, in attesa di capire se finirà come con la Sars, grande allarme poi rientrato, o se ila Cina rischiadi non essere più il mercato che stava diventando.

Da notare che l’export diretto di gioielli e lingotti (la voce di gran lunga più rilevante dell’economia aretina) verso l’Impero Celeste è ridotto quasi a zero: appena 900 mila euro. L’oro, da sempre, segue un altro percorso, che sbuca dritta dritta nella porta di Hong Kong, non proprio Cina ma anticamera anche della Cina. Basti dire che l’ex colonia inglese ha assorbito nel 2019 280 milioni di esportazioni aretine (il 3,5 per cento), per 240 milioni fatte di gioielli e affini.

Il resto è principalmente moda, col distretto di Prada & C. che fa la parte del leone. Bene, l’hub di Hong Kong (secondo sbocco dei preziosi nostrani dopo Dubai) è un grande emporio che serve anche il Giappone, il Sud-est asiatico e l’Australia. Ma inevitabilmente una parte consistente dell’export finisce in Cina.

E pure quello adesso sta sul filo di quanto succede nel colosso in piena emergenza sanitaria. Il danno, se c’è, comincia ora, gli effetti si percepiranno fra qualche settimana, forse fra qualche mese.