
Industria
Arezzo, 14 marzo 2020 - l virus che qualcuno chiama ormai diavolo ferma i primi due giganti dell’economia aretina. Due nomi storici come UnoAerre e Baraclit, la prima che chiude da lunedì, la seconda bloccata già da ieri. Nonostante Confindustria Toscana, in una nota firmata da tutte le associoni territoriali, ribadisca la volontà di portare avanti l’attività produttiva, anche il sistema manifatturiero aretino, il più importante della regione in termini di Pil pro capite e anche di export (in relazione ovviamente alla popolazione), comincia a scegliere la strada dello stop come quella inevitabile nel momento dell’emergenza più acuta che questa provincia e l’intero paese abbiano vissuto dal dopoguerra ad oggi.
Anche Menci, lunedì, si blocca per un giorno, in modo da consentire di sanificare lo stabilimento di Castiglion Fiorentino, Colacem, il cementificio di Rassina riduce l’attività a un solo turno. E attorno ai grandi nomi chiudono provvisoriamente i battenti, con le ferie o con la cassa integrazione, anche altre aziende minori, soprattutto nel settore orafo, il cuore del sistema Arezzo.
Inutile dire che siamo di fronte a sigle simbolo. UnoAerre, con i suoi 300 dipendenti è la parabola vivente dei gioielli del distretto orafo più importante d’Europa, a lungo la più grande aziende del settore nel mondo, un primato che adesso resta a livello continentale. Da lunedì tutti in ferie per cinque giorni, poi si vedrà. Inevitabili gli effetti sull’indotto, almeno altre 300 addetti che paiono destinati alla stessa sorte. «Abbiamo deciso - dice l’amministratore delegato Luca Benvenuti - per senso di responsabilità nei confronti dei dipendenti, non potevano rischiare che si contagiassero».
Anche se al momento, come spiega la nota inviata a clienti e fornitori, non c’è nessun caso di positivo al Covid-19. «La misura ha puro carattere preventivo, di tutela del personale» e di risposta «ai pressanti inviti nazionali e regionali a contenere ogni tipologia di contatto fra le persone». C’è anche dell’altro, perchè la filiera della UnoAerre si stava già fermando, con alcuni grandi clienti in Italia e all’estero chiusi anch’essi da lunedì.
La UnoAerre era riuscita a dotarsi di mascherine e igienizzanti, ma in questa situazione è inutile rischiare. Va avanti, invece, Chimet, l’altro gioiello del gruppo controllato dalla famiglia Squarcialupi. spinto dalla domanda fortissima di lingotti (bene rifugio per eccellenza) di cui è uno dei massimi produttori mondiali. Anche ieri a Badia al Pino (150 dipendenti) c’era la fila. Fermare l’attività significherebbe spezzare una delle grandi catene di rifornimento del distretto orafo.
Pure alla Baraclit autorevoli fonti interne parlano di stato di necessità. Intanto si è partiti con le ferie ma non si esclude di proseguire con la cassa integrazione quanto quelle saranno esaurite. Sarebbe la prima volta nei settant’anni di storia della più grande azienda casentinese, il primo gruppo aretino nel settore delle forniture per l’edilizia. I magazzini sono pieni, le commesse ci sono, ma in queste condizioni i cantieri non ritirano i prefabbricati in cemento.
E poi c’era il problema di riorganizzare l’intero stabilimento per garantire distanze e sicurezza. Meglio fermarsi. Alla Menci, 250 dipendenti che realizzano rimorchi da Tir, si riparte martedì con mascherine e altri strumenti protettivi dei dipendenti.
Si fa sempre più drammatica, infine, la situazione delle piccole imprese artigiane. In Cna, nella sola giornata di giovedì sono stati raggiunti 48 accordi per il ricorso al fondo integrativo di solidarietà (una sorta di cassa integrazione per micro-aziende). Si sommano ai 79 dei giorni scorsi e interessano in tutto 640 dipendenti.