
Benvenuti con Cristina Squarcialupi e Sandra Bianchi
Arezzo,25 febbraio 2020 - «Siamo nel pieno della tempesta perfetta». Nel giorno in cui il prezzo dell’oro supera la soglia psicologica dei 50 euro, anche se poi si ferma sotto, ovviamente per l’effetto coronavirus, Luca Benvenuti, uomo forte di Chimet-UnoAerre, sceglie le tinte forti del filmone hollywoodiano per descrivere gli scenari del settore portante dell’economia aretina. «E’ una situazione mai vista prima e quel che preoccupa ormai non è tanto la Cina quanto i riflessi che vanno a colpire L’Italia e i mercati occidentali».
Difficile trovare un osservatorio più privilegiato di quello di Benvenuti, consigliere delegato di un gruppo-centauro che copre l’intera gamma del metallo prezioso, dal gigante Chimet che sforna lingotti, cioè oro puro destinato al mercato degli investimenti in beni rifugio, a UnoAerre, che resta la madre di tutte le aziende aretine dei gioielli.
La prima, almeno a breve termine, beneficia appunto della domanda impetuosa che fa schizzare in alto il prezzo dell’oro (ieri mattina ha toccato i 50,19 euro al grammo per poi attestarsi a 49,51, con un balzo dell’1,5%), la seconda invece che soffre l’aumento, come tutto il distretto dei preziosi più importante d’Europa: più l’oro costa e più difficile è vendere, soprattutto esportare, gioielli. Ma il vero problema, riflette il manager, è quello del rallentamento progressivo che si sta profilando per l’economia in un momento in cui frenano le relazioni commerciali, i viaggi d’affari, persino la produzione se mai la protezione dal contagio dovesse riflettersi sull’attività di fabbrica. E’ una fase nella quale non c’è certezza nemmeno sui rifornimenti, con i corrieri che a stento garantiscono le consegne, prendendo pochi impegni per il futuro.
Dire che il 2019 era stato un buon anno e anche gennaio, come spiega Benvenuti, era cominciato bene. «La prima fase, quella della malattia in Cina, non ci ha portato problemi, anzi ci ha dato semmai un vantaggio competitivo sui concorrenti locali. I guai stanno arrivando adesso che l’Italia è nel pieno di una psicosi che già si riflette sull’economia reale. E l’oro, come la moda, l’altro comparto forte del sistema Arezzo, è un bene di lusso, tra i primi a soffrire nei momenti di incertezza estrema come l’attuale.
Chimet si può consolare con i risultati eccellenti del 2019: un fatturato che è schizzato da 2,4 a oltre 3 miliardi, gli utili più alti di sempre, anche se i bilanci non sono ufficiali.
La conseguenza dell’esplosione della domanda mondiale di lingotti, proveniente dalle banche, in particolari da quelle svizzere. «L’oro da investimento va a ruba», ammette Benvenuti, «ma è un risultato di breve periodo. Non credo che durerà così nel lungo termine». Più complesso il caso di UnoAerre,con l’intero comparto dell’oro lavorato, che dell’aumento del prezzo sconta le conseguenze negative. E mica è facile scaricare tutto sul cliente finale.
Per limitare i danni, come conferma pure Gabriele Veneri, portavoce degli orafi di Cna, le aziende sono costrette a comprimere i margini di profitto. Ma peggio ancora è il clima che si respira, la paura non tanto del virus quanto degli effetti economici che si porterà dietro.
«Nel 2019 - ricorda Veneri - abbiamo guadagnato il 10% di export sul mercato di Hong Kong. Non credo proprio che riusciremo a confermarlo in questa situazione. Le pietre che usiamo per i gioielli, ad esempio, vengono per il 90% dalla Cina.
Ma adesso è tutto fermo e anche le aziende rischiano rallentamenti produttivi». E tuttavia lui ancora spera: «I gioielli sono anche una forma di investimento, più sicura del mattone di questi tempi». Chissà se le folle lanciate all’assalto degli scaffali dei supermercati hanno tempo e voglia di ascoltarlo.