Salvatore Mannino
Cronaca

E' morto tradito da un gioco, ha confuso realtà e virtuale? Verifiche sul tablet

I concitati minuti della caduta di Jacopo, il bimbo di 8 anni da una finestra di vicolo della Dea. Il padre ex calciatore il primo ad accorrere e disperarsi

Il vicolo in fondo al quale c'è stata la tragedia

Arezzo, 18 maggio 2020 - E’ morto inseguendo un gioco, forse un sogno. Non ci saranno mai certezze sulla terribile caduta dal terzo piano che è costato la vita a Jacopo Bacis, 8 anni appena, figlio più piccolo dell’ex giocatore e allenatore dell’Arezzo Michele, la cui carriera è passata anche da squadre prestigiose come la Fiorentina, il Genoa e la Triestina. Il bimbo era solo nella sua cameretta, dalla cui finestra è precipitato, quello che sia successo, dunque, si può solo immaginare.

E tuttavia tra gli scenari possibili c’è appunto quello del gioco finito male, forse del videogioco nel quale realtà virtuale e realtà fisica si mescolano fino a confondersi e a confondere. Dal punto di vista giudiziario, il caso è già chiuso. E’ stato un incidente, non ci sono responsabilità di altri. Stamani il Pm Roberto Rossi ha firmato la restituzione della piccola salma alla famiglia dopo un semplice esame esterno..

È in corso una sola verifica proprio sul tablet e sugli eventuali giochi o programmi che il piccolo possa aver scaricato e utilizzato prima di morire. Il tablet è stato consegnato dalla famiglia alla squadra mobile. L'ispezione cadaverica all'ospedale San Donato ha confermato la morte per i gravi traumi riportati nella caduta. Domani mattina i funerali previsti, spostati nella cappella del cimitero di Arezzo in forma strettamente privata e riservata solo ai familiari.

Fin qui le indagini, affidate alla squadra mobile e alla Volante, che per prima era intervenuta, insieme all’ambulanza del 118, in vicolo della Dea, retro del palazzo che ha il fronte principale su via Montetini, a due passi da Palazzo Cavallo. All’ipotesi del videogioco si arriva (ma senza alcuna certezza) per sottrazione.

Se Jacopo, alunno diligente della terza elementare del Convitto, la scuola della città-bene, e piccolo sportivo che si era già distinto nel karate (come dimostra la foto, commovente, postata su Facebook dal suo maestro Enzo Bertocci), fosse stato davanti alla Tv, sarebbe rimasto seduto, se fosse stato impegnato a studiare (dura di sabato sera)) sarebbe stato probabilmente fermo, in una posizione incompatibile con una caduta dalla finestra.

Nella stanza è però rimasto un tablet, un Ipad, di quelli che i ragazzini di oggi usano anche per i videogiochi, i pokemon e non solo quelli. Si può quindi provare a immaginare che Jacopo si sia mosso in un mondo virtuale, fatto non solo di figure reali ma anche di personaggi fantastici, proiettati comunque nella realtà della camera. Il che potrebbe averlo confuso fino a fargli scavalcare la finestra.

Uno scenario, solo uno scenario, anche se alla Mobile non lo escludono. La verità è destinata a rimanere un mistero. Di sicuro c’è solo il tragico volo nel vicolo della Dea, poco prima delle 22. Nelle altre stanze dell’appartamento c’erano il padre Michele, la madre Cristiana e il fratellino di 12 anni. Nessuno si è accorto di niente, nessuno ha visto niente fino al tonfo sordo sul selciato, all’ombra delle antiche mura del centro storico. Il primo ad accorrrere, raccontano i vicini, che hanno visto tutto dalle loro finestre, è stato l’ex calciatore, con un urlo quasi disumano.

Il resto è troppo concitato per ricostruirlo con precisione. Comunque qualcuno ha chiamato il 118, è arrivata l’ambulanza, è stato allertato il Pegaso dell’elisoccorso regionale, è accorsa anche la Volante. Poi il mesto corteo verso l’ospedale: davanti i soccorritori che provavano a rianimare Iacopo forse già morto, dietro il padre e la polizia.

Al San Donato il bimbo è arrivato già esanime, le pale dell’elicottero si sono fermate prima di un decollo ormai inutile. Jacopo era nato quando Bacis allenava l’Arezzo in serie D, nel 2011, il 14 novembre una domenica, unica partita, a Zagarolo, in cui Michele non andò in panchina per stare vicino alla moglie.

Anni spensierati, seguiti ora da una sequenza disperata: prima il virus che ha colpito direttamente l’ex amaranto, bergamasco di origine, negli affetti più cari: la bara dello zio nel corteo dei camion dell’esercito che è l’immagine più vivida del contagio. Ora la tragedia del figlio. Un dolore che non finisce mai