
Daniele Mazzetti
Arezzo, 18 giugno 2021 - E’ già tornato nella sua casa dispersa in mezzo ai boschi del Casentino, sopra Castelfocognano, luogo ideale per sfogare l’hobby preferito, la ricerca dei funghi. Ma Daniele Mazzetti, uomo forte dell’impero Agorà, il sistema di coop a rischio crollo da quando, due settimane fa, il Gip ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare, mentre sono ancora in sospeso sei proposte di interdizione, non potrà uscire dall’abitazione in cui vive, nemmeno a caccia di porcini.
Per lui, infatti, non c’è il ritorno in libertà ma gli arresti domiciliari. Giustificati, come scrive il giudice Fabio Lombardi nella sua ordinanza di ieri, sia dall’affievolirsi delle esigenze cautelari, sia (e forse soprattutto) dalle condizioni di salute, difficilmente compatibili con il carcere. L’attenuazione della misura fa seguito alla richiesta che l’avvocato del padre-padrone di Agorà, Luca Fanfani, aveva presentato mercoledì. Va peggio, invece, a Letizia Beoni, la presidente che è anche lei ai domiciliari e per la quale il difensore Roberto Alboni aveva sollecitato il ritorno in libertà.
Niente da fare, risponde il Gip, non ci sono ancora le condizioni. Magari, il legale potrà ritentare con più successo fra qualche giorno o fra qualche settimana. L’altro ai domiciliari, il commercialista Alessandro Corsetti, accusato di essere l’architetto del sistema di scatole cinesi (nega tutto), non ha avanzato alcuna istanza, con i suoi legali Roberto e Simone De Fraja.
Se ne riparlerà più avanti. I domiciliari a Mazzetti sono anche il risultato dell’interrogatorio di garanzia da lui reso davanti a Lombardo dieci giorni fa, nel quale aveva ammesso le frodi fiscali che gli vengono contestate e che del resto sono documentate dall’Agenzia delle Entrate. La nostra, però, aveva precisato non era quell’associazione a delinquere che il procuratore capo Roberto Rossi ci accusa di aver messo in piedi.
Non abbiamo pagato le tasse perchè siamo stati costretti a scegliere: o soddisfare il fisco o pagare gli stipendi agli 800 dipendenti, mantenendo anche i livelli di qualità assistenziale delle Rsa affiliate al consorzio, Agorà d’Italia prima e Reses dopo la ristrutturazione del 2019. A proposito di ristrutturazione, fonti vicine alla dirigenza dicono che ci sia ancora il modo di salvare un impero in cui non tutto è marcio.
C’è il debito col fisco di 25 milioni, ma risale in gran parte al passato, si spiega. Agorà-Reses è adesso in equilibrio economico e con un piano mirato di dismissioni potrebbe soddisfare l’erario e rimanere in piedi, sia pure dimagrito. Dalla procura si dà disponibilità a un piano serio in tal senso