Crocevia del Rinascimento col Lippi disperso

Il grande artista dipinse per San Bernardo un’Incoronazione di Maria che è ora ai Musei Vaticani. In chiesa fino al ’700, poi venduta

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di Liletta Fornasari

In occasione della mostra Rinascimento in terra d’Arezzo del 2012 fu chiarita e dimostrata la validità del concetto di Arezzo “capitale” o “crocevia” del Rinascimento con le diverse diramazioni di influenze nelle sue quattro vallate, espresso più volte anche da Antonio Paolucci. Grandi protagonisti, oltre a Piero della Francesca, hanno fatto sì che Arezzo, nonostante fosse una città dominata da Firenze e come tale fosse stata privata del ruolo di cerniera territoriale, abbia mantenuto comunque quello di fucina del sapere. Arezzo ha dato i natali ad un cospicuo numero di figure importanti, sia dell’ambito culturale, che di quello politico fiorentino, da Leonardo Bruni, a Carlo Marsuppini, a Poggio Bracciolini e a Benedetto Accolti.

E proprio a Carlo Marsuppini (1398-1453), segretario della Repubblica fiorentina, intellettuale, umanista e figura centrale a Firenze tra la fine degli anni Venti fino alla metà del secolo, dobbiamo committenze artistiche cittadine importanti. Contrariamente alla Madonna con il Bambino di Michele da Firenze, detta poi delle Lacrime, a seguito del miracolo avvenuto il 26 febbraio del 1490, nonché opera di Michele da Firenze e donata dal nostro alla Compagnia della Santissima Annunziata nel 1424, non è più ad Arezzo l’Incoronazione della Vergine di Filippo Lippi, detta Incoronazione Marsuppini e conservata oggi nei Musei Vaticani. La tavola, composta da tre pannelli e privata della sua cornice originaria, oltre che della predella, già alla fine del Settecento, originariamente era stata commissionata per la chiesa olivetana di San Bernardo.

Nel 2012 fece il suo ritorno, sebbene per poco, ad Arezzo. Inventari della chiesa tra il 1767 e il 1779, non solo attestano ancora la sua presenza in città, ma la descrivono divisa in tre parti nell’appartamento “da basso” nella sacrestia di San Bernardo. A seguito delle soppressioni leopoldine nel 1785, la tavola fu ceduta a privati e poi fu acquistata da Gregorio XVI, papa dal 1831 al 1846, destinandola inizialmente agli allora Musei Lateranensi.

Come scrive Paola Refice e come dimostrato da J. Ruda già nel 1984, molti furono i contatti tra la famiglia Marsuppini e gli Olivetani di Arezzo. Carlo era figlio di Gregorio, giurista e diplomatico morto il 12 febbraio del 1445.La morte del padre è stata l’occasione per commissionare a Filippo Lippi, all’epoca giudicato uno tra i miglior artisti che offrisse la piazza. Gregorio è raffigurato inginocchiato a sinistra, guardando, insieme a San Benedetto e a San Romualdo. Nel lato opposto, con San Bernardo da Chiaravalle e San Bernardo Tolomei, fondatore dell’ordine olivetano, è raffigurato invece Carlo Marsuppini.

La datazione intorno alla metà degli anni Quaranta trova conferma anche con altre opere coeve del Lippi. Molte sono le opere d’arte che hanno fatto grande Arezzo nel XV secolo e oggi disperse o portate altrove. Tra queste la tavola con San Michele che uccide il drago di Piero del Pollaiolo, sebbene indicata da Vasari come opera di Antonio del Pollaiolo, oggi Museo Bardini, ma in origine nella Compagnia di San Michele Arcangelo, senza dimenticare una perduta vetrata in Sant’Agostino di Alessio Baldovinetti.