Coingas, sindaco e tutti i vip a giudizio il 2 novembre: condannati Staderini e Bigiarini

Il Gup ha pronunciato la sentenza poco dopo le 13. A processo oltre a Ghinelli il presidente di Estra Macrì. Il pentito: "Ho fatto un errore e per quello ho pagato"

Il procuratore capo Rossi

Il procuratore capo Rossi

Arezzo, 6 luglio 2021 -  Tutti a processo. E' la scelta del giudice Claudio Lara sul caso Coingas. E che coinvolge alcuni nomi forti della politica aretina, dal sindaco Ghinelli al presidente di Estra Francesco Macrì allì'assessore Merelli ade amministratori e personaggi di primo rilievo. L'apertura del processo è stata fissata per il 2 novembre.

Naturalmente non è scattato il rinvio a giudizio per l'abuso d'ufficio al quale già il Pm Rossi aveva rinunciato, a danno del sindaco Ghinelli e dell'assessore Merelli: è l'abuso relativo alle perdite che avrebbero avuto gli altri comuni soci dall'appostamento a bilancio delle consulenze d'oro. Confermato su questo il non luogo a procedere.

E' arrivata anche la sentenza per Sergio Staderini e per Jacopo Bigiarini: il primo condannato a 2 anni e il secondo ad un anno e 4 mesi. Proprio Staderini ha commentato al termine la sentenza. "Ho sempre seguito la linea della verità, ho fatto un errore e per quello sono stato condannato. Era quello che mi aspettavo".

E' la città che esce dal verdetto di oggi del giudice Claudio Lara sul caso Coingas. Una città col sindaco, Alessandro Ghinelli, sotto processo. E con lui un altro dei suoi politici più noti, Francesco Macrì, presidente di Estra in quota centrodestra e per conto di Fratelli d’Italia, accusato di peculato per l’irresistibile ascesa alla guida del gigante dell’energia. Per non dire dell’assessore al bilancio Alberto Merelli.

Insieme a loro alltri vip come l’attuale numero uno di Coingas, Franco Scortecci, l’altro consulente accusato di incarichi fasulli per 100 mila euro, Marco Cocci, l’avvocato del Comune Stefano Pasquini e la contabile Mara Cacioli. Una giornata clou, quale raramente i Palazzi della Politica hanno vissuto in passato, se non forse ai tempi di Variantopoli, una vita fa.

Un rinvio a giudizio non è una condanna. Gli eccellenti sotto accusa hanno tutto il diritto di essere considerati ancora innocenti fino a sentenza definitiva e di giocarsi le loro carte nel processo pubblico davanti al collegio del tribunale, competente per i reati contro la pubblica amministrazione. Ma certo cominciano a profilarsi scenari anche politicamente perigliosi.

Un’eventuale condanna del sindaco, e parliamo ancora di fantapolitica e fantagiudiziaria, significherebbe ad esempio, ove arrivasse per l’abuso d’ufficio, la sua sospensione dall’incarico per la legge Severino. Una rivoluzione. E potrebbe resistere la presidenza di Macrì a una bordata giudiziaria come un verdetto di colpevolezza, sia pure solo di primo grado? Insomma, poltrone che tremano e vale anche per gli altri Vip.

Ma questo è un futuribile ancora tutto da verificare. Davanti all quale c'è un solo punto certo: l’ordinanza-sentenza di Lara: ordinanza per chi ha scelto il rito ordinario, o di rinvio a giudizio o di non luogo a procedere, sentenza per Staderini (il procuratore Rossi aveva chiesto il minimo, due anni ed è stato accontentato) e Bigiarini (un anno e due mesi la proposta di pena che il giudice ha allungato di altri due mesi).

Il verdetto era  condizionato fondamentalmente da una circostanza: che cioè Coingas ed Estra vengano considerate come società pubbliche o incaricate di pubblico servizio, la tesi quest’ultima del Pm Rossi, che torna nell’agone di un procedimento penale, lui che da capo di solito sta in regia.

Se invece le due aziende, come chiedevano tutti gli avvocati difensori, fossero state ricondotte a una forma giuridica meramente privatistica, sarebbe crollato l’intero teorema d’accusa: non si possono infatti commettere reati contro la pubblica amministrazione se il tramite è una società di diritto comune.

In quel caso, sarebbe sfumato tutto in una beffarda bolla di sapone. Se la sarebbero cavata con l’assoluzione anche Staderini e Bigiarini, che pure hanno fatto importanti ammissioni: il primo accusando il sistema di potere del centrodestra dal quale pure proviene, il secondo confessando di aver fatto da prestanome per una consulenza di Olivetti.

Il procuratore Rossi aveva già fatto sapere che stamani non avrebbe fatto replich, cosa che ha impedito  di fare altrettanto ai difensori. Da qui la rapidità del giudizio. Il  Gup è andato subito a meditare sulla decisione che doveva prendere. Il verdetto così è arrivato in tarda mattinata.