Dà la cocaina per mesi alla figlia di 14 anni: e la picchia fino a mandarla in ospedale

La ragazza racconta tutto dopo il ricovero: tolta alla madre dal tribunale e affidata ai servizi sociali, portata in una comunità protetta. Donna a giudizio per maltrattamenti e spaccio

Festini a base di sesso e coca

Festini a base di sesso e coca

Arezzo, 27 marzo 2019 - Ha iniziato la figlia alla droga a soli 14 anni. Cocaina che le ha passato per mesi mentre contemporaneamente alzava le mani a ripetizione. Finchè, a forza di botte, non l’ha mandata in ospedale. E lì l’adolescente ha raccontato tutto: mia madre non solo mi picchia ma mi cede anche la «roba» con la quale mi faccio e mi fa pure bere. Il resto è venuto di conseguenza: la figlia tolta alla mamma dal tribunale dei minori e affidata ai servizi sociali perchè la ricoverassero in una comunità protetta, lei, 45 anni, sotto indagine e poi rinviata a giudizio per maltrattamenti e spaccio (si chiama così anche quando non c’è scambio in denaro) con l’aggravante che tutto è avvenuto in danno di una minore.

Ora rischia una pena pesante e senza neppure l’ombrello del quinto comma, quello sulla modica quantità, perchè quanta droga sia passata da madre a figlia resta imprecisato, ma di sicuro è avvenuto in un arco di tempo continuativo che è difficile contestare persino a un pusher di professione. E’ una storia dai contorni alla Dickens, che pare uscita pari pari da un romanzone strappalacrime dell’800.

Eppure è successo davvero e anche di recente. Il ricovero in ospedale è del 1 luglio scorso, il periodo nel quale sarebbe avvenuto il passaggio di coca in famiglia riguarderebbe i quattro mesi precedenti. Lo scenario è quello di un paese del Casentino, nel quale vivevano la mamma e la figlia naturale, nata dal rapporto con un piccolo imprenditore della zona che è rimasto l’unico punto di riferimento della ragazza. E’ lui che la sta seguendo adesso nel suo difficile percorso in comunità, è lui che si è costituito parte civile nel processo che si farà fra una settimana, il 2 aprile.

Un rapporto, quello tra la quarantenne e la ragazzina sangue del suo sangue che si rivela particolarmente conflittuale ed ambiguo sin dagli esordi dell’adolescenza. La mamma non ci prova neppure a capire la figlia, a seguirla nell’età del malessere che sta vivendo. Preferisce subito passare alle busse, come si dice con una parola ormai desueta. Quale sia la molla che la spinge a introdurre la quattordicenne nel mondo della droga solo lei può dirlo.

Un modo per tenerla tranquilla nelle spire dei paradisi artificiali? Un tentativo per riavvicinarla accomunandola nello stesso vizio? Vai a capirlo. Fatto sta che il tutto sfocia nell’ultima razione di botte, quelle che portano la ragazza nell’ospedale del Casentino, in piena estate. Lì la confessione che mette in modo le indagini, svolte dai carabinieri e dal Pm Chiara Pistolesi, che si muove con particolare celerità.

Tanto che in pochi mesi si arriva alla celebrazione dell’udienza preliminare e al rinvio a giudizio della mamma disposto dal Gip Piergiorgio Ponticelli. Un’altra storia di ordinaria follia, ma non è il romanzo di Bokowski, è la realtà che supera la fantasia dello scrittore.