"Cinquanta ponti da tenere sott'occhio ed E45 da rifare": l'esperto dà l'allarme

Giovanni Cardinali indica i pericoli degli attraversamenti sull'arno. "La maggioranza delle 690 strutture è sana ma una fascia richiede grande attenzione". Il nodo superstrada

Cardinali indica il ponte Ipazia

Cardinali indica il ponte Ipazia

Arezzo, 18 agosto 2018 - Non farsi trascinare dal cuore ma seguire il cervello, soprattutto se di mezzo c’è la sicurezza dei ponti. Giovanni Cardinali, per tanti anni ingegnere capo della Provincia ed esperto del settore di caratura nazionale, ha un motivo strettamente personale per farsi attraversare da un brivido pensando al crollo del ponte Morandi.

«Mia figlia mi ha telefonato sabato scorso proprio mentre stava percorrendo il viadotto, di ritorno dalla Francia. Se ci penso non dormo più...». Appena tre giorni prima dell’apocalisse di martedì. Ma la ragione deve avere il sopravvento: «Il rischio è quello che, in questi giorni, al posto dell’informazione si faccia sensazionalismo», avverte.

Giusto, Cardinali: con un esperto come lei evitiamo qualsiasi comoda semplificazione. Ma come siamo messi a ponti in questa provincia? «Direi che in generale siamo messi abbastanza bene sulle strade provinciali e regionali, anche se ci sono alcune situazioni da tenere sotto stretto controllo. Consideri che tra grandi e piccoli sono 690 quelli sulle nostre strade, escludendo Autosole ed E45. Sono una cinquantina quelli sui quali è necessaria un’attenta opera di monitoraggio. Ossia i ponti sull’Arno e sulla Chiana che hanno più ‘luce’, ossia sono un po’ più grandi degli altri. In particolare sono stati opportuni e tempestivi i lavori sul ponte della strada Brolio-Castroncello iniziati lo scorso anno e l’avvio del bando per il ponte Catolfi a Laterina che io segnalai a suo tempo. Ma anche il ponte di Rassina è da tenere sotto controllo e opportuna è stata la recente limitazione di peso dei mezzi che lo attraversano. Da non trascurare anche alcuni ponti in Valmarecchia che a suo tempo l’Anas ha passato alla Provincia. Mentre c’è soprattutto un ponte che secondo me ha bisogno di valutazioni e interventi di carattere urgente...».

Si riferisce al ponte Ipazia a San Giovanni Valdarno, dove si è recato insieme al nostro fotografo... «Ne parlo a ragion veduta anche perché ho guidato io la ricostruzione nel 1983. La sella Gerber, che ha una vita media di 30-40 anni, appare in buono stato. Purtroppo i giunti di dilatazione si sono degradati e non risultano più impermeabili, così filtra acqua nell’intradosso con conseguente ossidazione dei ferri di armatura che ora sono a vista. Anche lo zatterone di fondazione ha subito erosioni da correnti di piena e andrebbe ricostruito».

Molti puntano il dito anche sui viadotti della E45... «Non ho una conoscenza diretta ma mi auguro che la strada sia inserita nelle azioni-chiave che l’Anas ha annunciato l’anno scorso con diversi miliardi di euro stanziati. I problemi sono tanti, a partire dal fatto che quando sono stati costruiti i viadotti né Pieve Santo Stefano né Bagno di Romagna erano considerati territori sismici e anche il clima è particolarmente aggressivo tra freddo, vento ed escursione termica. La via maestra sia quella che è stata adottata per il viadotto del Farma sulla Siena-Grosseto: sostituire il vecchio cemento armato precompresso con l’acciaio di ultima generazione resistente alla corrosione e alla trazione. Quel tipo di cemento armato, diventato tristemente noto a Genova, sembrava perfetto negli anni Sessanta ma oggi risulta superato. Purtroppo il 90% dei nostri ponti è fatto con quel materiale».

Come si fa a evitare che di controlli e manutenzione si parli solo quando ci scappa la carneficina? «Basterebbe applicare rigorosamente la legge: una circolare ministeriale del 1967 prescrive un’ispezione semplice ogni tre mesi, solo visiva, e ispezione complessa ogni anno con prelievo di materiali da analizzare in laboratorio, endoscopie, tomografie ultrasoniche. Attività molto costose, ma strettamente necessarie».