Lo smoking del nonno, il foulard di Porta Crucifera a portata di mano. Matteo vince due volte nel settembre più bello della sua vita: prima ad Arezzo con il quartiere del cuore e poi a Venezia, nella notte di martedì, tra gli applausi della Sala Grande della Mostra del Cinema. Lui, il re dei suoni. "Sound designer Matteo Bendinelli": nell’ovazione che accompagna le ultime scene di Enea, il film in concorso di Pietro Castellitto, il nome del professionista aretino campeggia a tutto schermo. Lontani i tempi nei quali lo dovevi cercare con puntiglio, tra le lettere a corpo 6 dei titoli di coda. La crescita si misura anche lì.
Nel sancta sanctorum del cinema italiano, il festival più importante del mondo. "Per me è un sogno che si realizza" racconta alla fine del film, mentre si lancia con la famiglia Castellitto e il resto del cast e della troupe nella classica festa veneziana fino all’alba.
L’alba che già aveva spezzato alla vigilia. Per le proiezioni del concorso i tecnici di punta vengono convocati dalla macchina della Biennale per il test sui suoni direttamente in sala. "Sono andato con il responsabile del montaggio Gianluca Scarpa intorno alle 6 per verificare con i proiezionisti che tutto fosse a posto". La sua festa veneziana è iniziata così, anche se in realtà era in laguna da domenica, fresco del successo di Colcitrone.
Ed è per ora il film più complesso della sua vita, già forte di centinaia di produzioni. "Si è trattato di lavorare per la resa dei suoni su spazi molto ampi e su scene decisamente complesse". E qui ha messo la sua professionalità e anche la ricchezza del suo archivio. Fornito di suoni che ha raccolto ad Arezzo, la sua città, e nella Roma chiusa nei mesi del lockdown. "Nel volo dei gabbiani che circondano alcune scene ci sono molte delle registrazioni che ero riuscito a fare durante la pandemia: avevo il permesso di muovermi per Roma e ho colto un tappeto sonoro quasi dimenticato". Sullo sfondo il suono delle campane. Ma anche scene tipo le Torri Gemelle, un aereo che si getta a capofitto su un palazzo, la cura certosina di uno schianto che nella storia ha quasi un precedente unico.
Pietro Castellitto è il regista, babbo Sergio il protagonista, il fratello Cesare nel cast, mamma Margareth Mazzantini alle sue spalle durante la proiezione. Matteo non fa di cognome Castellitto ma è in galleria con gli altri, forte del suo smoking e ormai di un’esperienza che lo porta per la quarta volta alla Mostra del cinema, anche se è al debutto con un film in concorso. Il precedente più immediato sempre con Castellitto per "I predatori": in concorso ma nella sezione Orizzonti e addirittura Leone d’Oro per la sceneggiatura. Stavolta il gioco si fa intrigante e duro. Una lunga attesa per la proiezione dall’alba del test: l’appuntamento in sala è alle 19.15 (l’ora di punta del festival) ma lui è intorno al palazzo del cinema da ore. E poi, dopo gli applausi e a luci spente, il via alla festa, in un clima che incendia il lido. Feste che sono nel dna della sua carriera. La prima prova d’autore era stata con "La grande bellezza" di Sorrentino, tra le feste in salsa amara di Jep Gambardella. Qui sfocia nelle feste a base di sushi, al centro sempre la borghesia romana ma in un cambio generazionale con i giovani rampolli, pur annoiati come i genitori. Tra fuochi artificiali, colpi secchi, musica a tutto volume, schianti, fracasso sparato per riempire il vuoto: dirige il “maestro” Matteo Bendinelli.