
"Cadorna? Non c’è stato agguato" Altri genitori puntano sulla rissa
di Alberto Pierini
AREZZO
"Incitavano e li spingevano a picchiarsi": è un frammento del sabato nero della Cadorna, quello in cui una bambina di 11 anni si è ritrovata contusa e ferita per le botte ricevute. Uno dei pochi frammenti che coincidono nel racconto di quel sabato: sia nella versione della mamma, la prima a denunciare i fatti, sia in quella di alcuni degli altri ragazzini e genitori coinvolti nella scena di violenza. E che per la prima volta scendono in campo.
Lo fanno con una nota dei loro legali di fiducia, le avvocatesse Annalisa Francini e Federica Valeriani. Una mossa a sorpresa, per sparigliare le poche certezze di quel sabato nero. La sintesi? Non era stato un agguato ma una rissa, o se preferite una lite sonora, tra ragazzi. Non è stata un’aggressione a senso unico ma un episodio "che ha portato tutti i soggetti coinvolti a subire e aggredire reciprocamente".
E perfino sulla "curva" della scena c’è una differenza non proprio sottile: secondo gli altri genitori i più sarebbero stati non parte del gruppo direttamente coinvolto ma "estranei a tutti i minori della discussione".
Un quadro che la mamma della bambina finita in ospedale accoglie con una smorfia di dolore. "Le immagini dimostrano e dimostreranno il contrario. E in ogni caso sarebbe stato meglio se prima avessero chiesto come stava mia figlia e poi avessero chiesto scusa".
Punto e a capo. Torniamo ai presupposti dell’intervento. Intanto non coinvolge tutti i minori ma una parte, tra cui risulterebbe anche la ragazzina che, nella versione dell’undicenne, l’aveva invitata ad un chiarimento. Quella, torniamo alla denuncia della mamma, che aveva sentito la bambina come possibile "rivale". E spiegano il senso dell’intervento per evitare che "l’errata ricostruzione riportata dai media generi una violenza ancora più grave di quella che ha avuto luogo verso tutti i soggetti coinvolti, che stanno subendo aggressioni e minacce quotidiane". Da qui la nuova ricostruzione dell’episodio "che rimane comunque da stigmatizzare e che deve essere di riflessione per le istituzioni e soprattutto per le famiglie".
Ed ecco il quadro. "Non è stato teso nessun agguato, nessuna minaccia ha preceduto i fatti, nessun branco ha attirato per aggredire e nessuno ha torturato o seviziato con cinture e altri oggetti". Il tutto virgolettando certi passaggi per far capire che si tratta di brani tratti da giornali o Tv. Da quello che non è a quello che invece sarebbe successo. "Una discussione tra ragazzi è degenerata, fatto in sè gravissimo, ed ha portato tutti i coinvolti a subire e aggredire reciprocamente". In termini più sintetici, botte non in una sola direzione ma almeno in due.
E il passaggio sul "tifo". "Al momento della lite si sono accalcati come spettatori molti coetanei, estranei a tutti i minori coinvolti nella discussione, che li hanno incitati, spinti a picchiarsi e ripreso tutto con i cellulari". Non cambia il giudizio. "Fatti estremamente gravi e soprattutto socialmente preoccupanti, che devono essere motivo di riflessione per tutti". L’auspicio è che "il processo mediatico instaurato venga riportato sul giusto binario in attesa dell’esito delle indagini". Quelle che già dal primo conduce la squadra mobile.
E alle quali si affida anche la mamma della bambina finita in ospedale. "Mia figlia è andata alla Cadorna con una sola amichetta e non certo con un gruppo, e si è ritrovata a subire le botte e non a darle: le immagini lo confermano e credo che lo confermeranno ancora meglio più avanti". Ma di video ce ne sarebbero in giro anche altri, alcuni dei quali, sostiene la parte finora finita nel mirino, rimetterebbero in discussione tante certezze. Ai posteri, e un po’ ai post, l’ardua sentenza.