"Bankitalia chiede la fusione": nei verbali di Etruria il pressing per il sì a Vicenza

L'informativa di Rosi all'allora Cda: "I rappresentanti di via Nazionale hanno ribadito l’esigenza che l’aggregazione si concluda con tempi e modalità definite"

Lorenzo Rosi

Lorenzo Rosi

Arezzo, 2 dicembre 2017 - «I rappresentanti di Banca d’Italia hanno ribadito l’esigenza che il processo di aggregazione (con Popolare Vicenza, ndr) si concluda con tempi e modalità definite». È un passaggio, tratto dal verbale ufficiale della riunione, di quanto il presidente dell’epoca di Banca Etruria, Lorenzo Rosi, disse davanti al suo Cda. Il 19 giugno 2014, due giorni dopo che la controproposta aretina per varare l’alleanza era stata definitivamente bocciata da Bpvi.

È ovviamente una versione di parte, quella del vertice di Etruria, ma sembra suggerire che un ruolo di via Nazionale nello spingere perché la fusione si facesse ci sia stato davvero. Anche se Bankitalia continua a ripetere (lo ha fatto anche dopo l’audizione del procuratore capo di Arezzo Roberto Rossi in commissione banche) che la trattativa fu condotta autonomamente dai due istituti e che gli amministratori aretini sono stati sanzionati «solo» per non aver portato il piano davanti all’assemblea dei soci.

Rosi riferisce anche a verbale dell’ultima fase dei contatti con Vicenza, quelli che poi sfociano nel fallimento dell’accordo. Il 14 giugno, un sabato, lui e il suo vice Alfredo Berni si incontrano con il presidente di Bpvi Gianni Zonin e il dg Samuele Sorato. Succede tutto nella villa di Zonin a Gaiole in Chianti. Nelle parole del presidente aretino si lavora a una soluzione che preveda non l’opa totalitaria, ma una prima fase con passaggio a Vicenza delle filiali del nord, compresa la controllata Lecchese.

A Bpvi viene garantito anche un diritto di prelazione sull’intera Bpel. Ed è su questo piano che il lunedì si va in via Nazionale, presenti Zonin e Sorato da un lato, Rosi, Berni e l’altro vicepresidente Pierluigi Boschi, padre dell’allora ministro. Per Bankitalia ci sono il direttore della vigilanza Carmelo Barbagallo e il suo vice Ciro Vacca. L’incontro non va come previsto.

Zonin ribadisce l’ipotesi dell’opa, gli aretini premono per l’altro scenario in due fasi. Bankitalia, secondo il verbale, evidenzia «come l’offerta pubblica di acquisto non possa rappresentare l’unica soluzione percorribile per addivenire all’auspicata integrazione». Via Nazionale, insomma, insiste perché la fusione si faccia. Da notare che mai i rappresentanti di Bankitalia fanno cenno alle difficoltà delle due banche, già chiarite nelle ispezioni.

La carta emerge nel momento in cui, alla luce di quanto il procuratore Rossi ha detto in commissione, gli ex vertici di Etruria spiegano che finalmente la verità sta venendo a galla, che le pressioni di Bankitalia ci furono e che tutto fallì per colpa di Zonin. Rossi tace: «Parlo solo nelle sedi istituzionali». Fonti a lui vicine lo definiscono sereno: le parole sulla «stranezza» di Via Nazionale che preme per la fusione sono venute su domanda dei commissari, di fronte alle quali il procuratore non poteva tacere.