ALBERTO PIERINI
Cronaca

Al monastero del perdono Folla per Gemma Calabresi

Dopo l’incontro tra le Br e Agnese Moro, il luogo religioso ancora protagonista. Suor Grazia, l’interlocutrice degli ergastolani, rilancia: "A ottobre si riparte".

Al monastero del perdono Folla per Gemma Calabresi

di Alberto Pierini

"Questa cravatta bianca è il simbolo della mia purezza": sono le ultime parole che Gemma Calabresi ha ascoltato dal marito Luigi, prima che venisse ucciso, il 17 maggio del 1972. "Lo vidi tornare a salutarmi, aveva cambiato la cravatta, gli chiesi perché". E qui la risposta, impressa a fuoco nella sua memoria. Poco dopo l’agguato. Quel 17 maggio risuona nel silenzio commosso del Monastero della Neve: intorno, giù nel Casentino come in mezza provincia, tutti incollati ai televisori per la notte della Champions. Lassù gli incontri del perdono.

Sono quelli che suor Grazia, con l’appoggio della superiora delle domenicane, sta disegnando nei mesi. Poche settimane fa il faccia a faccia tra Franco Bonisoli, uno dei brigatisti di via Fani, e Agnese Moro, la figlia dello statista. Teso, perché il confronto tra chi ha dato morte e chi l’ha ricevuta non è facile, se non per i protagonisti, ormai inseriti nello stesso percorso.

L’altra sera il racconto di Gemma, sullo sfondo del suo libro su quegli anni: si intitola "La crepa e la luce". Ma per una sera, almeno per una sera è la luce a fare breccia nella chiesa delle domenicane. Strapiena, come lo era stata poche settimane fa.

Nella copertina Gemma in primo piano, con il suo vestito più bello, quello da sposa. Sullo sfondo, sfocato Luigi. "Per me è Gigi, non il commissario Calabresi". E racconta, in dialogo con Massimo Orlandi, come lo abbia tenuto vivo per i figli. "Non volevo sentissero il peso di un uomo perduto, volevo ne sentissero la presenza". Fin dalle piccole cose, quelle che tempestano l’incontro nel monastero: i suoi piatti preferiti, il suo modo di pettinarsi. Ma la tragedia resta.

"Quando la mia nuova domestica mi disse che avevano sparato ad un commissario sprofondai nella poltrona. Dopo mezz’ora mi alzai di scatto: preghiamo per chi lo ha ucciso". Sono i momenti che le hanno cambiato la vita. "Non ero io, non avevo una fede così forte: è arrivata in quel momento". C’è la storia che scorre dietro le sue parole. "Lo accusavano mediaticamente di aver spinto giù dalla questura Pinelli: erano amici, si fidavano l’uno dell’altro. Ma dalle bugie non ti difendi".

Se non con i simboli: come quella cravatta che il suo Gigi si cambia un attimo prima di andare a morire. Ci sono centinaia di persone nella chiesa della notte. E tra loro c’è suor Grazia: questi incontri li ha inventati lei, ai margini del dialogo epistolare che tiene da anni con gli ergastolani. Si guarda intorno, ormai incontentabile. E lo annuncia.

"A questo punto andiamo avanti: a ottobre ci sarà un’altra serata, un altro ex terrorista protagonista a quanto ti fa capire. "Il mio cammino del perdono non si è mai interrotto" racconta Gemma. Trasmette una serenità che non conosce confini. E che si incastra alla perfezione con quel monastero nella notte.