
Gli avvocati Curzi e Falagiani
Arezzo, 1° dicembre 2016 - Assolto. Dopo cinque anni lo scandalo che aveva scosso la scuola valdarnese si è chiusa con l'assoluzione del bidello la sentenza del processo di primo grado: un bidello accusato di presunti abusi sessuali su alcuni bimbi di un asilo di Montevarchi. Il collegio giudicante del Tribunale, composto dal presidente Silverio Tafuro e dai giudici a latere Avila e Faltoni, si è pronunciato sulla vicenda. Rigettando la richiesta del Pm, che aveva chiesto 13 anni di carcere.
La sentenza che lo libera dall’infamante accusa di violenza sessuale su quattro bambini dell’asilo in cui lavorava come bidello, l’ha accolta in disparte, sulla porta dell’aula della Vela. Si chiude così la delicatissima vicenda giudiziaria partita alla fine del 2011, sulla quale il Pm Alessandra Falcone aveva chiesto 13 anni di carcere e la difesa, affidata agli avvocati Raffaello Falagiani e Lucio Curzi, l'’assoluzione con formula piena.
«E’ LA LOGICA conseguenza di un processo che non doveva iniziare» hanno commentato. Nessuna esultanza o espressione di disapprovazione in aula, in cui erano presenti tutti i genitori dei bambini. Alla sentenza sono usciti in silenzio. «Solo una mamma si è scagliata contro il bidello all’uscita» racconta l’avvocato Curzi. «Tanto che sono intervenuti i carabinieri e il presidente».
«Da cittadina accetto la sentenza, ma la verità di fatto è un’altra, quella che da anni ci raccontano i nostri figli. Il problema della pedofilia spesso è sottovalutato» ci spiega una delle mamme. «I genitori sono stravolti ma hanno grande dignità. Purtroppo la decisione è stata presa, ma è dovuta alla mancanza dell’incidente probatorio. Ma tra 90 giorni io e il Pm faremo appello» ci spiega l’avvocato dei genitori Ingrid Bonaviri.
Soddisfazione, ovviamente, da parte dei difensori. Una sentenza che dovrebbe alleggerire notevolmente l’animo del bidello che invece, frastornato, ci dice: «Ho la vita distrutta. Sono stati 5 anni durissimi. Ho perso il mio posto di ruolo a lavoro, la salute mia e della mia famiglia. Mia moglie e i miei cari mi sono sempre stati vicini ma ne hanno risentito giorno dopo giorno». La mamma, anziana, ha avuto dei problemi di salute per l’angoscia di sapere il figlio accusato di un’accusa così infamante. «Appena l’abbiamo avvertita della sentenza è scoppiata in lacrime» ci racconta. «Ha sempre avuto tanta fiducia nella giustizia, convinto, come era, della sua assoluta innocenza» continua l’avvocato Curzi. «Per anni avevo vergogna di portare mia figlia ai compleanni» ci racconta «Mi sentivo tutti gli occhi addossi. Ho vissuto in un incubo che sembrava non finire mai».
Le udienze a porte chiuse hanno ripercorso le tappe di una «storiaccia« emersa a fine 2011 quando un gruppo di genitori notò nei figlioletti comportamenti inconsueti.
Li interpretarono come una richiesta di aiuto e decisero di affidarsi agli psicologi del Meyer. I risultati delle perizie definirono la sintomatologia riscontrata «compatibile con l’abuso». Immediata LA denuncia e l’avvio delle indagini. Nella materna i carabinieri piazzarono telecamere nascoste, senza, tuttavia, registrare nulla di compromettente, così come l’analisi dei file nel computer del bidello.
Il Gip Anna Maria Lo Prete arrivò a firmare per l’ex custode i domiciliari e nel febbraio 2015 il Gup Piergiorgio Ponticelli lo ha rinviato a giudizio per quattro degli undici casi segnalati, chiedendo per gli altri il non luogo a procedere. Il cinquantenne si è sempre professato innocente. Il procedimento ha visto sfilare mamme e babbi, i periti di parte, i consulenti e le maestre con versioni che via via avvaloravano o smontavano la tesi accusatoria o quella difensiva.
Fino alla perizia tecnica del consulente d’ufficio del Tribunale, forse la svolta che ha deciso il processo. A ottobre non aveva ritenuto idonei i bimbi a testimoniare: motivo? Troppo tempo trascorso, memoria potenzialmente inficiata dal percorso psicoterapeutico e dai racconti di mamme e papà.