LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"A piedi per chi soffre". Il racconto di Sorin dalla Misericordia al Cammino di Santiago

Lavora in Misericordia dal 2002: "Sono rumeno, è la mia famiglia". Veterano delle rotte dei pellegrini, ora segue la rotta portoghese. Da nord a sud per settecento chilometri. "Un’esperienza unica".

"A piedi per chi soffre". Il racconto di Sorin  dalla Misericordia al Cammino di Santiago

"A piedi per chi soffre". Il racconto di Sorin dalla Misericordia al Cammino di Santiago

Cammina lungo antichi sentieri,

sull’acciottolato di stradine che sconfinano nei boschi o si arrampicano sui crinali delle colline. Ed è come se camminasse nella sofferenza di ogni persona che porta con sé: da Arezzo a Santiago di Compostela. Nel suo zaino carico di umanità, Sorin ha messo i volontari della Misericordia, la sua grande famiglia aretina, la moglie e la figlia e pure chi ha bisogno. Quello zaino che a ogni passo si carica di preghiere e pensieri, riflessioni e ricordi, lo depositerà nella cattedrale, la destinazione del viaggio.

Sorin Stanica ha 51 anni, ed è al suo terzo pellegrinaggio a Santiago. Un viaggio "fuori e dentro me stesso", davanti a una sfida che "affronto con un paio di scarpe e poco altro". Sorin è partito martedì da Lisbona e ha già macinato 250 chilometri: "Sono a un terzo del cammino", racconta al cellulare mentre avanza nel silenzio della natura. Non è solo: con lui cammina l’amico di sempre, Giuseppe da Como, incontrato in un pellegrinaggio sulla via Francigena nel 2016 e diventato compagno di nuove rotte. E di quella che porta a Santiago di Compostela è un veterano: "Ora sto facendo il cammino portoghese, ma ho già fatto quello francese e la versione da Siviglia a Santiago". Perchè? Sorin non ha esitazioni: per lui tutto è iniziato nel 2014 "quando ho visto un film sul Cammino, da allora non mi sono più fermato". La molla che lo spinge a non fermarsi è la "consapevolezza che niente accade per caso e la ripartenza, la definisco ’il richiamo’ del cammino". E così, una volta all’anno si rimette in movimento, prendendosi un mese di pausa dal lavoro che considera una passione: il servizio alla Misericordia. Forse proprio in mezzo alla sofferenza, Sorin ha toccato con mano la forza della solidarietà, l’umanità che si fa servizio e si prende cura di chi ha bisogno. "Un lavoro bellissimo, sono felice di essere in Misericordia, ormai dal 2002". In ufficio ogni giorno è una scoperta, come al mattino quando indossa gli scarponi e si rimette sul sentiero dei pellegrini, verso un’altra tappa. "È anche una sfida con me stesso e le mie potenzialità, un mettersi alla prova, da solo di fronte a un obiettivo difficile e mai scontato".

Sorin è arrivato ad Arezzo dalla Romania ventitrè anni fa. In tasca un contratto di lavoro e l’idea di mettere da parte un pò di soldi per la famiglia, all’inizio rimasta nel paese di origine. Le cose girano per il verso giusto e poco dopo, moglie e figlia lo raggiungono: un traguardo importante per costruire il futuro che ora è presente. "Mia figlia Maria Alexandra ha 25 anni e si è laureata in grafica e design a Firenze. Adesso sta facendo un master". È l’orgoglio di casa, sussurra Sorin mentre avanza con il suo bastone e i suoi pensieri. Il viaggio non è solo interiore ma diventa relazione quando "incontri i pellegrini, quando negli ostelli la sera ci raccontiamo ciascuno le proprie esperienze e un pezzo del cammino fatto, i traguardi e pure le difficoltà".

La sera diventa incontro e fraternità, in un’alternanza tra giorno e notte, metafora del cammino.

"È il cammino che mi chiama, non sono io che vado a cercarlo", dice Sorin. È a un terzo del cammino, oltre settecento chilometri da nord a sud del Portogallo, e descrive "un’esperienza molto intesa, attraverso paesini fatti di poche case, mi fermo a parlare con i contadini; anche se non conosco bene la lingua ci intendiamo senza problemi; vivo un contatto quasi esclusivo con la natura e dall’incontro con i pellegrini ricavo un patrimonio di umanità, confronto, conoscenza davvero prezioso".

Un aereo lo riporterà in Italia il 28 maggio, insieme a "ricordi, immagini, volti, momenti belli e fasi di difficoltà". Intanto cammina, fuori e dentro se stesso, perchè come ripete Sorin "l’impegno solidale con i confratelli in Misericordia, mi viene ripagato qui, in questo viaggio dell’anima". Che non finisce mai.