
Raf e Umberto Tozzi
Cosa resta degli anni Ottanta? Innanzitutto, la musica. Umberto Tozzi e Raf se ne dicono convinti nell’attesa di riprendere il tour "Due - La nostra storia" interrotto a dicembre dal Covid. "La canzone allora viveva di idee, oggi meno".
Umberto, ha mai ringraziato il discografico Alfredo Cerruti per aver detto un giorno al suo mentore Giancarlo Bigazzi: perché utilizzi questo ragazzo solo come autore e non gli fai cantare le canzoni che scrive?
Tozzi: "Ogni volta che rivango il mio passato cito Alfredo, inserendolo tra i più grandi talenti del mondo del disco nell’intuire le potenzialità delle canzoni che gli passavano sottomano. Da chitarrista timido, infatti, l’ultima cosa che mi interessava di fare nella vita era cantare. Penso sia stato un direttore artistico di competenza straordinaria, come non se ne trovano più nella musica… e si sente".
Il testo di Superstar, un suo pezzo del 2009, diceva: "Se mi ascolto non riesco più a rifare Tu, Ti amo, Gloria né Si può dare di più". Perché?
Tozzi: "Semplice presa d’atto che non so più scrivere pezzi di quel tipo. Li considero, infatti, perle nate in un momento straordinario. Sono cambiati i tempi e la testa oggi è rivolta altrove; non c’è più quella spontaneità, ma dopo tutto questo tempo penso sia fisiologico".
Nelle interviste, ha mai rimpianto di non aver fermato le parole un attimo prima...
Tozzi: "Una volta, scherzando, dissi che mi sarebbe piaciuto nascere a Liverpool per diventare il quinto Beatle e quella battuta ancora mi perseguita. Neanche avessi detto che mi sarebbe piaciuto nascere a Pietralcina, come Padre Pio…".
Esperienze straordinarie?
Tozzi: "Tante. A cominciare dall’incontro con Bigazzi o con Greg Mathieson, arrangiatore di Gloria e tante altre".
Raf: "Quando suonai con i Cafè Caracas in piazza Maggiore a Bologna prima dei Clash. Era il 1° giugno 1980. Si trattava di un concerto punk e durante la nostra esibizione sul palco arrivò di tutto, dagli sputi agli ortaggi, poi salì in scena la band di Joe Strummer e ci rendemmo conto che stavamo vivendo una giornata storica. Pure quello lasciato dal Pavarotti and Friends, nel 2002 è stata un segno profondo. Sentire il Maestro cantare accanto a me Cosa resterà degli anni ’80 o incontrare nel retropalco Lou Reed e scambiarci due parole furono esperienze straordinarie. Ero, infatti, un grande fan di Reed, avevo tutti i dischi e conoscevo a fondo la Pop Art del suo amico Warhol per averla studiata all’università".
Conoscere l’uomo nascosto dietro l’artista a volte regala sorprese.
Raf: "Debbo dire che raramente sono rimasto deluso dal fare la conoscenza di quelli che erano i miei idoli da ragazzo… forse perché non li ho conosciuti mai davvero fino in fondo. Pino Daniele, invece, era mio vicino di casa a Roma e ho avuto quindi modo di frequentarlo tanto, conservando intatta l’assoluta ammirazione che avevo per lui".
Pure Tozzi abitava in zona.
Raf: "Già. Ricordo che agli inizi gli facevo ascoltare le mie nuove canzoni in auto, nel parcheggio di fianco a casa".
Oggi vivete entrambi all’estero. Perché?
Tozzi: "Il mio legame con Monaco è nato da una vacanza lì con mia moglie. Al tempo abitavamo a Roma e affittammo una casa nel principato per trascorrere qualche giorno di relax. Poi da cosa è nata cosa. Non ho mai amato le grandi città e oggi sono felice di frequentarle solo per lavoro".
E lei, Raffaele?
Raf: "Pure io sono capitato a Miami in vacanza e all’inizio la vivevo come un divertimentificio ostile. Poi ho scoperto che si poteva sì vivere al mare, ma nel contesto urbano di una grande città americana in cui non ci si annoia mai. Con mia moglie ci siamo trasferiti anche per allargare gli orizzonti dei nostri figli; tant’è che Bianca ha scelto di vivere in America, mentre Samuele qui in Italia".
Parliamo di Sanremo ’87. Raffaele, ha mai rimpianto di aver detto di no all’idea del Trio lasciando a Ruggeri il posto che le spettava accanto a Umberto e a Morandi?
Raf: "No. Mi basta di stare, con Bigazzi e Umberto, nella terna autorale di Si può dare di più. Questo mi dà il diritto di cantarmela nei concerti e va bene così. In fondo quell’anno ho vinto pure io".
Tozzi: "Fu Giancarlo a dirmi che Raf, non intendeva partecipare, alla fine puntarono su Rouge. In quel momento Raffaele vedeva il futuro in maniera differente dalla nostra e volle rimanere coerente con l’idea che aveva in testa".
Si disse che non se la sentiva di cantare in italiano.
Raf: "Al tempo avevo in piedi un contratto con un’etichetta francese per incidere ancora un disco in lingua inglese. In pochi mesi le cose cambiarono. Furono poi Giancarlo e Umberto a convincermi che potevo cantare in italiano".
Tozzi, oggi i Festival di Sanremo non sono più "carnivori" come quello che nel 2005 la costrinse a fare le valigie anticipatamente. Soddisfatto?
Tozzi: "In contesti come Sanremo o l’Eurovision è molto difficile rinunciare alla gara. Io ne ho fatte le spese, ma in una carriera come la mia ci sta di tutto. Mi mandarono a casa, ma per fortuna vivo a Montecarlo e il tragitto fu breve".
Che rapporto ha con il meccanismo delle eliminazioni?
Tozzi: "Un motivo per cui non andrei mai a fare il giudice di reality è che, a mio avviso, andrebbero premiati tutti quelli che si propongono per fare questo mestiere. Trovo giusto che oggi Sanremo sia innanzitutto una vetrina giovanile. Morandi ci va, ma la sua è un’altra gara. Perché lui è Morandi su quel palco può fare ciò che vuole; salirci da concorrente, da ospite o da presentatore".
Raf: "Le gare di canzoni non dovrebbero esistere perché nulla hanno a vedere con la musica. Sono una formula televisiva e basta. Come puoi, in ragione dello share, far piangere un ragazzino che vive di sogni? Noi siamo musicisti. Personalmente l’ho sempre fatto su costrizione e alla fine ho accettato per fare contenti i discografici, i produttori, e per avere un ritorno pubblicitario dalla mia partecipazione. Ma non certo per il piacere di gareggiare".
Umberto, cosa ha significato firmare il primo grande successo italiano in America dai tempi di Nel blu dipinto di blu e Quando quando quando?
Tozzi: "Quando Laura Branigan fece la cover di Gloria cogliendo la testa alle classifiche fu molto strano. Ritrovare quella canzone in un film come Flashdance, altrettanto. Figurarsi poi sentirla, nella mia versione, ne Il lupo di Wall Street di Scorsese. Al di là del talento, in queste cose ci vuole tanta fortuna, perché spesso giocano su coincidenze imprevedibili. Sognando l’estero, chi s’immaginava che Ti amo sarebbe riuscita ad andare oltre Chiasso. Buttandola in percentuale, diciamo un 50% talento e il restante 50 fortuna".
Il futuro?
Raf: "Abbiamo entrambi dei progetti solisti da portare a termine; io un album di inediti in due parti, da pubblicare a primavera e a settembre".
Tozzi: "Pure io ho cose in cantiere, ma sono molto scaramantico e di questi tempi vivo con le dita incrociate".