Strage: il convoglio carico di Gpl fuorilegge

Procura e parti civili attaccano Rfi sugli standard di sicurezza

In Tribunale si cerca di capire quali negligenze abbiano provocato la strage

In Tribunale si cerca di capire quali negligenze abbiano provocato la strage

Viareggio, 11 febbraio 2016 - Il carro merci che il 29 giugno 2009 percorreva la tratta Trecate-Gricignano non stava viaggiando in assoluta sicurezza. E’ questo il dato saliente che è emerso ieri al Polo fieristico di Lucca dove è in corso il processo per la strage alla stazione di Viareggio. Non lo era perché non era stato previsto il rischio di sversamento di Gpl in caso di incidente col treno in marcia e perché era stata disattesa una norma specifica riguardo al trasporto di merci pericolose (e il Gpl lo è). Tale norma prevedeva – e prevede – che fra il locomotore e il primo carro merci deve essere sistemato un carro scudo carico di inerti. Se ci fosse stato quella notte, si sarebbe rovesciato quel carro innocuo e magari – urtando contro qualsiasi cosa, picchetto o zampa di lepre che fosse – non avrebbe scaricato nell’aria nessun gas letale per le persone.

Lo ha detto davanti al Collegio giudicante un testimone delle difese, l’ingegnere di Rfi Paolo Genovesi che, insieme a un team di esperti nel 2005 realizzò uno studio sulle valutazioni del rischio nei trasporti ferroviari. «Prevedere l’inserimento di un carro di inerti – ha detto rispondendo alle domande del Pm Giuseppe Amodeo – è una norma che è ancora in vigore, ma è un rimasuglio del vecchio ordinamento. E’ rimasto quando è entrato in vigore il Rid (il regolamento che disciplina il trasporto merci pericolose su scala nazionale, ndr) perché – ha balbettato – non ce la siamo sentiti di toglierlo». Insomma è una norma specifica ancora in vigore. Non è stata rispettata e qualcuno dovrà spiegare il perché.

Così come dovrà essere spiegato bene il motivo per cui non sono stati fatti studi specifici sui rischi determinati dal passaggio di merci pericolose. Lo sottolineano gli avvocati di parte civile Enrico Marzaduri e Riccardo Carloni. «Nel vostro studio avete preso in considerazione il rischio alla stazione di Calambrone dove le case distano 700 metri dalla ferrovia. Perché non è stato fatto nulla al riguardo per la stazione di Viareggio dove le case si trovano a 30-40 metri?». E coglie ancora più nel segno l’avvocato Riccardo Carloni: «Bene – ha sottolineato – abbiamo capito che le Ferrovie hanno fatto tanto per ridurre il rischio di deragliamento di un treno. Ma cosa avete pensato in caso di svio? Quali sono i piani di sicurezza?». Domande a cui non c’è risposta, se non quella che dà lo stesso avvocato Carloni fuori dall’aula di tribunale? «In caso di svio, si muore tutti».

Insomma questo è il vero nocciolo della vicenda. Che il vagone sia andato a sbattere contro la zampa di lepre o contro il picchetto diventa assolutamente secondario. Il vero problema è che quel convoglio che trasportava materiale altamente pericoloso circolava con un assile marcio, senza le necessarie misure di sicurezza (come la presenza di un carro cuscinetto) e viaggiando senza che nessuno in ferrovie sapesse cosa fare in caso di svio.

Paolo Di Grazia