Terni, S. Valentino: dura omelia del vescovo. "Burattinai, disinformazione e prepotenza"

Il solenne pontificale di San Valentino celebrato in Duomo come da programma. L'omelia di monsignor Piemontese vola alto per poi sferrare un fendente alla parrocchia in rivolta

Il vescovo Piemontese (PianetaFoto)

Il vescovo Piemontese (PianetaFoto)

Terni, 14 febbraio 2016 - "Modalità intolleranti, prepotenti e irrispettose". E ancora: "Firme raccolte con l'inganno il cui epilogo è stata una sceneggiata, orchestrata ad arte da burrattinai rimasti all’ombra, di un gruppo di persone vocianti, resistenti ad ogni dialogo e prodighi di insulti e invettive". L'omelia del vescovo di Terni-Narni-Amelia, monsignor Giuseppe Piemontese, francescano, nel solenne pontificale di San Valentino, forse il più importante della vita comunitaria ternana dopo quelli di Pasqua e Natale celebrato poi in Duomo, era partita alta: con riferimenti storici alla figura del patrono e alla dignità del lavoro. un passaggio anche sulla vicenda delle acciaierie Ast. Poi la sferzata alla parrocchia. Un vero e proprio fendente fatto di parole più che severe alla parrocchia di San Valentino dopo la bagarre di venerdì sera quando un nutrito gruppo di fedeli, schierandosi con un vero e proprio "muro umano" hanno impedito al vescovo di trasferire l'urna con le spoglie del santo dalla basilica alla cattedrale. 

"Ho avuto, in diverse occasioni, nella interlocuzione impegnativa, la sgradevole percezione che le vere ragioni del proprio pensiero non siano palesate all’interlocutore o coram populo, ma sono fatte circolare in maniera sotterranea, trincerandosi dietro il si dice, seminando informazioni tendenziose ad arte come chi colpisce ai fianchi, per demolire l’avversario, senza l’intenzione di confrontarsi lealmente con argomenti veri". Così Piemontese ha introdotto il suo anatema sui parrocchiani rivoltosi. "Forse mi sbaglio - ha aggiunto - ma senza chiarezza di posizioni, dialogo sincero, leale collaborazione non si costruisce. La stessa vicenda della traslazione temporanea delle Reliquie di san Valentino in Cattedrale con la finalità di dare respiro più ampio e maggiore ecclesialità e devozione alla festa, è sintomatica di modalità intolleranti, prepotenti e irrispettose di imporsi. La decisione era stata presa dopo ampia consultazione e generale consenso non solo di sacerdoti e diaconi, di diversi gruppi e aggregazioni laicali e degli organismi di partecipazione ecclesiali diocesani, ma anche di Enti e Istituzioni civili. Gli unici, che hanno opposto un muro di dinieghi senza argomentazioni, è stato il Consiglio patorale di San Valentino. La raccolte di firme, carpite con informazioni non veritiere e diffusione di notizie fuorvianti (ne ho le prove), non può essere argomento decisivo. L’epilogo è stata una sceneggiata, orchestrata ad arte da burrattinai rimasti all’ombra, di un gruppo di persone vocianti, resistenti ad ogni dialogo e prodighi di insulti e invettive. Mi dispiace, ma la civile convivenza anche ecclesiale non può essere governata dalla disinformazione e dalla prepotenza, per di più di pochi". Segni di condivisione tra le autorità presenti al pontificale.

Ecco il testo integrale dell'omelia del vescovo Giuseppe Piemontese:

Cari fratelli e sorelle, è grande l’emozione e commozione per questa celebrazione, che vede radunata nella festa di S. Valentino, tutta la comunità ecclesiale: clero e ministri vari, la società civile, rappresentata dalle Istituzioni, nazionali, regionali e locali, tutti voi, fedeli laici. La Chiesa Madre, la Cattedrale e tutto il popolo di Dio si lascia benedire e ammaestrare ancora una volta, anche visivamente, dal suo Santo Pastore e Padre: Valentino di Terni. Ora, fedeli al nostro Santo, ci poniamo in ascolto attento e docile della Parola di Dio, filtrata dalla sua testimonianza. La festa di san Valentino si intreccia quest’ anno, con l’inizio della quaresima: la memoria della passione di san Valentino si coniuga con la memoria della passione di Gesù e anche con quella di ciascuno, immersa nel nostro tempo caotico e disorientato. La quaresima, paradigma di tentazione e di prova, è il tempo di preparazione alla Pasqua: la Risurrezione di Cristo viene preparata e anticipata dalla nostra vittoria sulle tentazioni, da quelle quotidiane a quelle esistenziali che ostacolano l’orientmento fondamentale della esistenza, a quelle che distolgono dallo schierarci sul versante della verità e della giustizia, della lotta contro la malattia e contro la morte. La passione di san Valentino si è conformata a quella di Gesù e noi siamo chiamati oggi a confrontare la nostra passione con quella di Valentino e di Cristo. Le feste dei santi mirano a rafforzare lo spirito di identità di un popolo, che fa riferimento al suo campione, che sta all’origine della propria fondazione e costituzione. Ma tale memoria, se si vuole conservare e rinnovare, deve cogliere in maniera dinamica e sempre originale, gli aspetti caratterizzanti dal “padre-santo-fondatore” e riproporli “aggiornati” ai nostri giorni e alle giovani generazioni. San Valentino è riconoscuto e si propone come il vescovo-padre di questa comunità, che ha guidato per oltre 70 anni con la passione del buon pastore.

E’ riconosciuto come colui che ha promosso con tutte le forze e l’entusiasmo di cui era capace, l’amore puro, intenso, appassionato e fecondo tra i giovani, tra gli sposi, tra coloro che condividono lo spazio e il tempo nella medesima condizione umana e sociale. E’ colui che si è chinato sulle sofferenze e malattie del corpo e dello spirito di tanti che a lui si rivolgevano per alleviarle e risanarle. E’ vero, la storia nei suoi confronti, è stata avara di notizie più estese e dettagiate e quelle poche che ci sono state tramandate, spesso sono travisate e trasformate in sdolcinati souvenirs holliwoodiani, che pure nascondono la profonda aspirazione all’amore perenne, gratificante e gioioso. Alcuni elementi si sono conservati e costituiscono genuina tradizione della personalità di Valentino. La sua fede, il suo rapporto con Dio, mai rinnegato e testimoniato nei lunghi anni di ministero episcopale e nella finale affermazione del suo credo con il dono della vita. La fedeltà a Cristo buon pastore, l’accurata attenzione al popolo affidato al suo ministero, sono state attuate con lo stile di Gesù, che cerca la pecorella smarrita, che si prende cura di quella debole e malata, che difende il suo gregge incurante di ogni rischio. La costante sollecitudine verso i giovani è stata da lui evidenziata nell’ ansia di aiutarli a custodire e arricchire il proprio cuore, la capacità di amare con sentimenti e gesti genuini e perenni di dono. Salde erano la convinzione e la capacità di ottenere dal Signore con la preghiera, benessere, salute e amore per coloro che fiduciosi si rivolgevano a lui e che erano parte della sua comunità civile ed ecclesiale. Quale riferimento facciamo oggi a questi aspetti del nostro padre e santo Valentino? Valentino esercitava il suo ministero in una comunità che era composta per la maggior parte da pagani, credenti nell’Olimpo Romano, e da pochi discepoli di Cristo. Se a questi rivolgeva le sue premure principali, non trascurava le relazioni con tutti gli altri. Oggi, nella nostra società molto più grande e fieramente pluralista dal punto di vista religioso, civile, etnico, politico e sociale, la festa del nostro patrono offre, ancora una volta, l’opportunità di richiamarci ai principi del rispetto reciproco, del dialogo, del rispetto dei ruoli, della cooperazione per la promozione del bene comune e della pace. Ma nello stesso tempo vogliamo riscoprire valori e tradizioni della nostra comunità cittadina che risalgono a san Valentino e che si sono conservati resistendo all’usura dei secoli. E’ una scommessa difficile e ardita, ma forse da tutti desiderata: il riconoscimento della diversità in ogni campo e la custodia e affermazione creativa dei valori, patrimonio secolare di fede della nostra gente; il rispetto delle regole della democrazia e l’attenzione dovuta ad ogni uomo o donna e ad ogni minoranza civile, religiosa e sociale. E’ consuetudine, nella festa del santo patrono, oltre che guardare in alto, volgere lo sguardo alle persone e alla realtà che ci stanno intorno, lasciandosi provocare dalla riflessione sulla condizioni della nostra comunità civile ed ecclesiale, per mettere a fuoco obiettivi e progetti riguardanti il bene comune della città e della chiesa. La crisi che attanaglia i nostri giorni non accenna ad allentare la morsa. I risultati delle ricerche e la nostra stessa esperienza quotidiana ci dicono che “il lavoro… espressione della dignità umana” (Papa Francesco), è ancora un miraggio per troppe persone e tanti nuclei familiari vivono in estreme ristrettezze economiche e in condizioni a volte intollerabili. C’è chi dice che c’è una crescita dell’occupazione, ma gli addetti ai lavori rilevano che la Provincia ternana è quella che in Italia, ha registrato l’aumento più alto della cassa integrazione nel 2015 rispetto al 2014. (Papporto UIL nazionale sull’andamento dell’ammortizzazione sociale). La Caritas e altre lodevoli istituzioni benefiche confermano che si rivolgono ad esse non solo gli immigrati, sradicati dai loro beni, ma nostri connazionali ridotti allo stremo. Sembra che in ambito legislativo, governativo e amministrativo si dedichi attenzione esagerata nell’affrontare tanti problemi non propriamente prioritari, ma non si affronta con decisione e con la dovuta attenzione il tema basilare del lavoro, della famiglia e delle prospettive future dei nostri giovani, che sembrano sempre più condannati all’emigrazione o all’inerzia, anticamera del degrado civile e morale. E ciò al sud, al centro e pure al nord.

Nel breve tempo di permanenza in questo territorio devo confessare che faccio fatica a comprendere la causa vera che impedisce alla nostra città di emergere da una bassa pressione in cui si trova appesantita nella Conca. Progetti innovativi e utopie su un futuro diverso vengono richiamati qua e là, da alcune menti illuminate, ma manca una passione-corale-di popolo, proiettato verso un futuro diverso e migliore. La battaglia per le Acciaierie, pur denotando una compattezza della città verso il proprio gioiello, non ha portato alla convinzione che si è trattato di un ulteriore campanello d’allarme. Né si è avviato nel contempo la riflessione su progetti alternativi, non monocolturali, per questa città. Manca un vero dibattito corale culturale e politico sul futuro, che non sia solo di parte e a breve gittata. Ho avuto, in diverse occasioni, nella interlocuzione impegnativa, la sgradevole percezione che le vere ragioni del proprio pensiero non siano palesate all’interlocutore o coram populo, ma sono fatte circolare in maniera sotterranea, trincerandosi dietro il si dice, seminando informazioni tendenziose ad arte come chi colpisce ai fianchi, per demolire l’avversario, senza l’intenzione di confrontarsi lealmente con argomenti veri. Forse mi sbaglio, ma senza chiarezza di posizioni, dialogo sincero, leale collaborazione non si costruisce. La stessa vicenda della traslazione temporanea delle Reliquie di san Valentino in Cattedrale con la finalità di dare respiro più ampio e maggiore ecclesialità e devozione alla festa, è sintomatica di modalità intolleranti, prepotenti e irrispettose di imporsi. La decisione era stata presa dopo ampia consultazione e generale consenso non solo di sacerdoti e diaconi, di diversi gruppi e aggregazioni laicali e degli organismi di partecipazione ecclesiali diocesani, ma anche di Enti e Istituzioni civili. Gli unici, che hanno opposto un muro di dinieghi senza argomentazioni, è stato il Consiglio patorale di San Valentino. La raccolte di firme, carpite con informazioni non veritiere e diffusione di notizie fuorvianti (ne ho le prove), non può essere argomento decisivo. L’epilogo è stata una sceneggiata, orchestrata ad arte da burrattinai rimasti all’ombra, di un gruppo di persone vocianti, resistenti ad ogni dialogo e prodighi di insulti e invettive. Mi dispiace, ma la civile convivenza anche ecclesiale non può essere governata dalla disinformazione e dalla prepotenza, per di più di pochi. Il prossimo rinnovo degli organismi statutari di importanti Istituzioni della città è una opportunità da cogliere per unire le forze e promuovere una opportuna verifica e confronto su come valorizzare il patrimonio di persone, di esperienze e di sostanze della collettività intera, ricercando punti di incontro e convergenze per individuare e promuovere in maniera disinteressata il bene del territorio. Mi auguro che ognuno si adoperi a cercare e promuovere ciò che unisce e a rigettare ciò che divide. La diocesi da parte sua sta vivendo ancora il delicato momento di passaggio, di “esodo” che si cerca di affrontare con umiltà e coraggio. Non rinneghiamo il bene compiuto nel passato, né perdiamo tempo alla ricerca di capri espiatori di errori del passato, che pure ci sono stati. Cogliendo l’occasione dell’Anno Santo credo sia opportuno sottoporre alla misericordia del Signore errori o peccati del passato e anche del presente, per i quali si intende chiedere perdono a quanti si fossero sentiti offesi. I recenti pronunciamenti della magistratura, che hanno riconosciuto l’estraneità di prelati della Diocesi in relazione a reati ipotizzati, ci hanno riempito di gioia, e siamo in attesa della completa soddisfazione e conclusione della vicenda. Tutta la Comunità diocesana intende proseguire sulla via del rinnovamento e della speranza, nell’annuncio del Vangelo, con semplicità e decisione, secondo le indicazioni dell’enciclica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”. Abbiamo avviato in tutte le parrocchie e le foranie della diocesi, una riflessione sul tema “Comunione e missione nella geografia e nella pastorale delle Parrocchie della Diocesi”. Ho scritto nella premessa: "Non si tratta semplicemente di rivedere l'utilità di alcune parrocchie e la decisione di sopprimerle, accorparle o espanderle. Tale operazione, che pure è richiesta dalle contingenze temporali, risulterebbe sterile operazione matematica e amministrativa. E' in ballo il nostro modo di essere chiesa, di essere presbiteri e diaconi, che esercitano il servizio pastorale con gioia e in comunione, con la partecipazione dei religiosi e dei laici, ciascuno secondo la propria vocazione, doni e carismi. E' la sfida che ci attende nei prossimi mesi. Non sarà un Sinodo vero e proprio, ma una modalità sinodale snella e leggera, tuttavia determinante, nell'individuare gli orientamenti comuni di fondo delle scelte concrete”. Colgo l’occasione di questa festa anche per annunciare la prossima indizione della mia visita pastorale a tutte le realtà ecclesiali e civili della diocesi. L’ultima visita pastorale è stata effettuata da mons. Franco Gualdrini v.m. negli anni 1997-1998, quale richiamo della precedente degli anni 1989-1991. Sarà per me un tempo di grazia per conoscere direttamente persone, comunità, situazioni, successi e problemi; ma sarà anche per le comunità tempo di discernimento, verifica e rilancio della Nuova Evangelizzazione.

Dopo 18 mesi dal mio ingresso in questa diocesi, quale successore di san Valentino, intendo ringraziare il Signore, i confratelli sacerdoti e diaconi, i religiosi e tutto il popolo di Dio per quanto mi è stato dato di comprendere e di operare. Intendo proseguire con piccoli passi, in stile sinodale e con la collaborazione di tutti, in dialogo con le Istituzioni e le aggregazioni civili e sociali sulla strada intrapresa dal programma “Comunione e missione nel segno della misericordia”, secondo le consegne del Concilio Vaticano II, attualizzate da Papa Francesco. San Valentino, insieme a san Giovenale e a s. Fermina sono per noi modello di coerenza ai principi della fede e della ragione, di attenzione alla società e di intercessione e spinta per la nostra fedeltà alla vocazione e missione. Il ritrovarci qui, mi rivolgo soprattutto a voi rappresentanti delle istituzione, è occasione opportuna per celebrare il vostro giubileo. Viviamolo insieme: vescovo, preti, diaconi, laici e Istituzioni: un’unica famiglia che viene accolta dalla bontà e misericordia del Padre.

Non scoraggiamoci per le difficoltà e per le incoerenze religiose, morali e civili da cui ci sentiamo appesantiti. Le tentazioni di cui parla la liturgia odierna hanno accompagnato Gesù, San Valentino e sono il pane quotidiano di ognuno di noi. Gesù ci insegna che l’umile attenzione alla sua Parola e il riconoscimento di Dio come unico Signore, saranno il pane che alimenta la speranza e rafforza la nostra coerenza. Misericordia, grazia e gioia per voi, fratelli e sorelle, nel nome di san Valentino.