Rogo del Macrolotto, "in via Toscana bruciava amianto"

Rogo, rivelazioni del tecnico Asl al processo a carico dei Pellegrini

Rogo mortale al macrolotto ultimi rilievi vigili del fuoco e fiori alle vittime

Rogo mortale al macrolotto ultimi rilievi vigili del fuoco e fiori alle vittime

Prato, 9 maggio 2015 - "Insieme al capannone nel rogo di via Toscana bruciavano polveri di amianto". A dichiararlo in aula è stato Stefano Busia, tecnico del Dipartimento di prevenzione dell’Asl 4 che il primo dicembre del 2013 intervenne in via Toscana mentre la "Teresa Moda" stava bruciando uccidendo sette operai cinesi. E’ ripreso così, di fronte al giudice Giulio Fanales, il processo a carico dei proprietari dell’immobile andato a fuoco al Macrolotto, Massimo e Giacomo Pellegrini, accusati di omicidio colposo plurimo. Busia ha risposto alle domande del pubblico ministero Lorenzo Gestri e degli avvocati della difesa, Alberto Rocca e Michele Nigro, e dell’Immobiliare, riconosciuta responsabile civile, Andrea Niccolai.

Busia, sentito come testimone, ha raccontato che quella tragica mattina, insieme a un collega, fece una prima ricognizione sul luogo dell’incendio sostenendo che «la copertura del capannone era in amianto e che il capannone non era mai stato controllato dai tecnici dell’Asl».

Dopo è stato ascoltato Enrico Mencagli, funzionario dei vigili del fuoco, che il primo dicembre del 2013 intervenne nel capannone di via Toscana in fiamme. Mencagli ha sostenuto che dentro la ditta nulla era a norma e che non era mai stata presentata la certificazione di inizio attività (Scia) per la "Teresa Moda". Mencagli, sollecitato dalle difese, ha chiarito che questi «sono per legge adempimenti a carico dell’imprenditore». Inoltre, ha descritto la situazione del capannone dove "c’era un solo idrante esterno e gli estintori non erano sufficienti a coprire uno stanzone tanto grande dove erano ammassati enormi quantità di materiale". Una bomba a orologeria.

Poi, si è seduto sul banco dei testimoni un rappresentante di una ditta di idranti che prese contatti con i cinesi presentando un progetto per la messa a norma. "Facendo un giro al Macrolotto mi resi conto che l’idrante esterno non era norma – ha detto – I cinesi non mi fecero entrare e mi indirizzarono in un’altra ditta vicina dove parlai con un italiano, non so se fosse il proprietario".

Laura Natoli