L'accusa: "Mio padre malato di Sla tenuto per 11 ore su una barella in ospedale"

La figlia di un paziente scrive una lettera ai politici toscani: "Spero che la mia indignazione venga raccolta"

Il corridoio di un ospedale (foto di repertorio Ansa)

Il corridoio di un ospedale (foto di repertorio Ansa)

Prato, 18 novembre 2017 - "Hanno tenuto mio padre, malato di Sla, per undici ore su una barella. Il comportamento dei medici è stato ottimo, ma è assurdo che all'ospedale di Prato non ci siano percorsi dedicati per questi malati". E' la lettera inviata ai rappresentanti politici toscani da una donna, che ha raccontato l'odissea vissuta dal padre all'ospedale di Prato.

L'uomo, che aveva dolori al petto e che è malato di Sla, è stato portato nella struttura ospedaliera. Ma sono passate undici ore prima che fosse visitato. Dalle 6 alle 17 è rimasto su una barella, "e questa condizioni gli ha creato atroci dolori e lamenti strazianti", racconta la donna. La lettera è stata resa nota dal vicepresidente della commissione Sanità del Consiglio regionale della Toscana e capogruppo Fi, Stefano Mugnai, tra i destinatari della missiva, che annuncia un'interrogazione, definendo «inaccettabile l'assenza di protocolli d'accesso specifici» e rimarcando come l'ospedale pratese «sia nato sottodimensionato».

Oltre a Mugnai, la figlia del paziente ha inviato la lettera all'assessore toscano alla Salute Stefania Saccardi, al presidente della commissione Sanità Stefano Scaramelli e ad alcune redazioni «nella speranza che la mia indignazione venga raccolta e faccia riflettere chi di dovere sulle condizioni di coloro che non hanno nemmeno la forza di far sentire la propria voce».

«Chiedo - prosegue la donna - come si possa definire un Paese civile, quello in cui non c'è una cura e un'attenzione particolare per tutti i malati ma in particolare per chi già soffre per una grave patologia e non esista un protocollo specifico che garantisca ai malati di Sla di non subire tutto questo affinché non si aggiunga sofferenza a sofferenza a queste persone già fragili e con una malattia che risulta una lenta ed inesorabile condanna a morte».