Magazzino di griffe false a Pontedera, due condanne

Un anno e mezzo di reclusione per i cinesi trovati nella disposnibilità del capannone e della merce

Tribunale

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Pontedera, 19 gennaio 2017 - Due condanne per gli oltre 160 mila articoli di abbigliamento e accessori, con marchi contraffatti di grandi griffe della moda sequestrati a Pontedera. Un anno e mezzo di reclusione a testa è la pena stabilita dal giudice monocratico del tribunale di Pisa per Shangjin Zheng, 35 anni, e Zhengya Yang, 45 anni, entrambi difesi dall’avvocato fiorentino Massimo Fusi. I due erano finiti nell’aula penale per rispondere dei reati di ricettazione e di introduzione sul territorio italiano e di commercio, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati. Per Zheng il giudice ha consesso la sospensione della pena subordinata al pagamento della provvisionale di 10mila euro ciscuno per tutte e tre le parti civili che si sono costituite.

L’ingente quantità di merce fu trovata nella disponibilità dei due cinesi in un capannone che avevano preso in affitto a Pontedera, nella zona industriale a La Bianca. In particolare si trattava di borse di Dior, Chanel, Gucci, Prada e Louis Vuitton e circa 4mila 800 metri quadrati di tessuti e pellame usati per confezionare i prodotti taroccati, alcuni dei quali, come modelli di borse di Chanel, non è escluso che fossero destinati alla vendita nei negozi, spacciandoli per articoli originali. Merce che sul mercato avrebbe garantito volumi d’affari per almeno 4milioni e mezzo di euro. Un giro enorme, collegabile ad organizzazioni criminali, tenuto conto che si tratta di capitali che sarebbero sfuggiti al Fisco.  Durante il processo sono state sentite varie testimonianze. Anche quella del proprietario del capannone che ha riferito sull’identità della persona con cui aveva contratto gli accordi dell’affitto e sulle modalità con cui il canone veniva pagato. Sono stati poi ascoltati consulenti e periti delle celebri case di moda – da Dior a Louis Vitton – che si sono costituiti parte civile nel processo penale. I consulenti della griffe hanno riferito come la merce fosse tutta costituita da prodotti falsi, con i loghi talvolta riprodotti in modo grossolano e con i certificati di garanzia la cui incompletezza (come ad esempio la mancanza della descrizione in più lingue) è la prima prova manifesta dell’oggetto o del tessuto «tarocco», anche se tutto sommato ben assemblato e confezionato. Il giudice si è preso 90 giorni di tempo per il deposito della sentenza.