Invalido per un errore medico, senza giustizia da ventotto anni

Il giudice ha condannato l'Asl3 a un risarcimento di oltre mezzo milione di euro. L'azienda ha fatto appello

Un ospedale

Un ospedale

Pistoia, 24 marzo 2015 - Ventotto anni in attesa di giustizia per una diagnosi sbagliata che lo ha ridotto su una sedia a rotelle. Un calvario di ventotto anni e che è ancora lontano dalla fine, poichè ora aspetta una sentenza d’appello. E’ la storia di Giuseppe Propenso, oggi sessantacinquenne, pistoiese, a cui, nel 1987, fu diagnosticata una sclerosi multipla (malattia autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale) quando era invece affetto da mieloma (malattia neoplastica, quindi tumore, del midollo osseo). Le conseguenza è stata l’invalidità e l’impossibilità di camminare.

Ha fatto causa all’Azienda sanitaria pistoiese e ha vinto. Il giudice del tribunale civile, Sergio Garofalo, ha condannato l’Asl di Pistoia a un risarcimento di oltre mezzo milione di euro, più le spese legali. Ma l’Asl 3 ha annunciato ricorso in appello e il nuovo processo comincerà il 1 giugno 2015. E’ con l’aiuto del legale che ha assistito il signor Prospero e la sua famiglia, l’avvocato Annaluce Licheri del foro di Roma, che ricostruiamo oggi questa drammatica vicenda, segnata oltre che dalle sofferenze personali di Giuseppe Propenso, che ha bisogno di assistenza continua, anche dal dolore vissuto, accanto a lui, da tutti i suoi familiari, il figlio Denis e la moglie Mafalda Troccoli.

Propenso, che all’epoca lavorava come operaio tessile, cominciò ad accusare forti dolor alle gambe. Era il 18 marzo del 1987 quando fu ricoverato per la prima volta, a Pistoia. Ci furono altri due ricoveri: il 13 luglio di quello stesso anno e il 17 settembre del 1990. «All’esito di tutti e tre i ricoveri, l’Asl di Pistoia – ci spiega l’avvocato Licheri – diagnosticò al mio assistito una sclerosi multipla. Quindi, iniziò per lui una cura basata su terapie, sintomatiche, per questa patologia». «E’ opportuno anche evidenziare – fa rilevare l’avvocato – che dal 1987 in poi tutto l’iter clinico del signor Propenso è stato caratterizzato da un graduale peggioramento senza che i sanitari dell’ospedale di Pistoia ipotizzassero, o prendessero in qualche mondo in considerazione, il fatto che potesse essere affetto da un’altra malattia».

La diagnosi arriva diciotto anni dopo. Nel 2005 infatti l’uomo si rivolse al policlinico di Careggi per sapere se, nel frattempo, erano state trovate nuove cure per la sclerosi multipla. «Fu lì – racconta ancora l’avvocato Licheri – che scoprì di essere stato vittima di un grave errore diagnostico, perchè affetto da mieloma e non da sclerosi multipla». Propenso fece causa all’Asl 3 davanti al Tribunale di Pistoia, sezione civile. Il giudice Garofalo dispose una consulenza tecnica d’ufficio che fu affidata a Giuseppe De Scisciolo, neurofisiopatologo di Careggi. Il consulente del giudice stabilì che il mieloma che affligge Giuseppe Prospero poteva essere correttamente diagnosticato anche in quegli anni in cui fu ricoverato.

«Perchè la scienza – spiega il suo avvocato – e le conoscenze mediche del tempo consentivano già di effettuare una giusta diagnosi e quindi il mio assistito avrebbe potuto curare correttamente la sua malattia. L’Asl di Pistoia invece, nonostante abbia disposto tre ricoveri, non ha mai effettuato approfondimenti clinici e diagnostici, come il giudice stesso evidenzia nella sua sentenza, e con grave danno alla salute del paziente che oggi è invalido condannato a una sedia a rotelle e alla necessità di essere continuativamente assistito. Il tutto – rileva ancora l’avvocato – senza tenere conto dell’ansia e del dolore dei familiari per le cure sbagliate e per il continuo aggravarsi della malattia». Il Tribunale di Pistoia ha invitato l’Azienda sanitaria a una mediazione obbligatoria che non avuto un buon fine.

Al termine della causa di primo grado il giudice Garofalo ha condannato l’Asl 3 a un risarcimento di 529mila euro a favore di Giuseppe Propenso. «Al di là del fatto – conclude l’avvocato Annaluce Licheri – che tale somma sia o meno idoena a risarcire la vittima di un errore diagnostico trentennale, la controversia purtroppo non si è chiusa perchè l’Asl ha dichiarato di non volere pagare, anche per inesistenti prescrizioni del danno, e ha presentato appello».