"L’Isola che c’è" nel mare dei tagli: chiude la struttura per le mamme dei neonati prematuri

L’Asl riduce i fondi alla struttura e cancella anni di lavoro. Raccolta firme con tremila adesioni. Domenica corteo sotto la Torre

Lo striscione esposto ieri mattina al Santa Chiara

Lo striscione esposto ieri mattina al Santa Chiara

Pisa, 25 settembre 2015 - Nel cuore di Pisa c’è un posto colorato e luminoso. Proprio come dovrebbero essere i primi secondi di vita di ogni essere umano. Questo posto si chiama L’isola che c’è ed è situato all’interno dell’ospedale Santa Chiara di Pisa, proprio accanto all’ingresso di via Roma, nel piazzale degli Spedalighi. Attivo dal 2002 grazie all’associazione Apan (Associazione Pisana Amici del Neonato), offre supporto psicologico e sociale alle mamme e alle famiglie dei bambini nati pretermine o con patologie alla nascita. E costituisce un antidoto a chi, come le mamme di un bambino prematuro, rischia di sentirsi solo e abbandonato. Ne sono la prova tangibile le testimonianze delle oltre 1.700 mamme che in questi tredici anni hanno passato giorni e mesi delicatissimi fra quelle mura, per fortuna, amiche.

Questo genuino esempio di umanità e socialità, però, è destinato a chiudere il 30 settembre. Motivo? Tagli trasversali. Bilancio. Soldi, insomma, che sono stati tagliati con una delibera Asl della scorsa primavera. La struttura per il 2015 riceverà infatti un contributo di 40mila euro (erano 60mila nel 2002, all’apertura e 50mila lo scorso anno): troppo pochi rispetto alle spese per andare avanti. E la stessa associazione, che già destina altri 10mila euro al progetto (tra cobntributi propri, donazioni e raccolte del 5 per mille), soldi necessari a coprire le spese alimentari e quelle vive di gestione, è costretta ad alzare bandiera bianca. Da qui l’annuncio: il 30 settembre si chiude.

È la decisione che Cristina Galavotti, fondatrice della casa alloggio e assistente sociale, ha preso assieme alle colleghe Manuela Austeri (counselor), Anna Simonetti (assistente sociale) e Giulia Simone (educatrice). Che sono in prima linea per tenere aperta la casa e portare avanti l’attività.

"Siamo il punto di collegamento fra l’ospedale e la casa – spiega Cristina, che quindici anni fa ha deciso di fondare l’associazione dopo essersi trovata nella stessa situazione delle migliaia di mamme che ha incontrato –. Vedevo mio figlio Tommaso, nato di 28 settimane e di appena un chilo, da un vetro per massimo mezz’ora e per oltre quattro mesi non l’ho potuto toccare. Ho praticamente vissuto sulla panchina di fronte al reparto di maternità. Grazie al lavoro dell’associazione, poi, il reparto è diventato molto più accessibile". Un’avventura che non può certo finire per ragioni economiche.

"Abbiamo inviato molte mail alla Società della Salute per chiedere l’integrazione delle risorse, ma non ci hanno risposto. Vorremmo solo una programmazione minimo triennale, per grattare via la vernice di precarietà che contraddistingue la nostra attività: è uno scandalo che non siamo riconosciuti come servizio dell’ospedale, non c’è dialogo. Solo la neonatologia non ci ha mai abbandonati". Le testimonianze di affetto e solidarietà non si contano. C’è ad esempio Pamela Agape, attualmente ospite nella casa alloggio. Residente a Monza, era in vacanza in Toscana quando si è rotto il sacco. Adam Michael è nato con ritardo di crescita in utero a 28 settimane ma Pamela ha trovato ne "L’isola che c’è" un vero e proprio riferimento.

"Alloggiare in albergo sarebbe stato impossibile – racconta –. Mi sto trovando benissimo e ho condiviso la mia storia con quella di altre mamme". Da questa e da altre storie è partita la raccolta firme su change.org (dove bisogna cercare "la cura del neonato e della sua famiglia"), che viaggia verso le tremila adesioni, e l’idea di manifestare sotto la Torre domenica alle 11, partendo proprio dalla casa alloggio.

Sono invitate tutte le mamme che in questi anni sono passate di qui, i loro figli naturalmente, le autorità e il mondo dell’associazionismo. Appuntamento a domenica, quindi, per dare anche ai bambini più fragili quel futuro colorato e luminoso che appare scontato. Per dare una definizione più vera e reale della bellezza, che oggi sembra passare solo dalle pubblicità a reti unificate.

Francesco Bondielli