Aereo precipitato a Campocecina, l'attentato fra le ipotesi

Scenari inquietanti dalla perizia sui cadaveri dei due piloti. Il pm: "Spunti interessanti, l’inchiesta prosegue". L'associazione antimafia: "Uccisi perché sapevano di Ustica"

Un piper

Un piper

Carrara, 17 settembre 2014 - “CI SONO spunti investigativi interessanti nella perizia sui corpi di Marcucci e Lorenzini morti dopo essere precipitati con un aereo antincendio a Campocecina nel 1992, per cui l’inchiesta va avanti”: il pm Vito Bertoni non aggiunge altro sul delicato caso che ha sempre lasciato un alone fitto di mistero. “Non ci sono indagati — ha precisato il magistrato che sta vagliando attentamente la perizia — ma c’è la necessità di ulteriori approfondimenti”. Da quanto si capisce, il magistrato non ha certo accantonato l’ipotesi dell’attentato, dell’ordigno al fosforo che secondo, alcune ipotesi, sarebbe stato piazzato nel cruscotto del Piper poi esploso in volo e precipitato senza lasciare scampo al pilota Alessandro Marcucci, morto sul colpo e all’avvistatore Silvio Lorenzini che spirò qualche tempo dopo all’ospedale di Genova.

La perizia è stata depositata circa un mese fa e ha preso in esame i resti dei due piloti. Per l’associazione Antimafia “Rita Atria”, che ha fatto riaprire le indagini con un esposto, non si trattò di un incidente, ma di un duplice omicidio legato alla strage di Ustica. Il 2 febbraio 1992 i piloti Alessandro Marcucci e Silvio Lorenzini a bordo di un velivolo anti-incendio si schiantarono in condizioni di ottima visibilità sulle montagne di Carrara dopo essere decollati dall’aeroporto del Cinquale a Montignoso. Alcune ipotesi investigative affermano ora che all’interno del cruscotto dell’aereo fosse presente una bomba e quindi l’aereo non fosse caduto a causa di una manovra azzardata, come invece archiviato nella prima inchiesta. Da marzo del 2013 la procura di Massa ha riaperto il caso con l’ipotesi di reato di omicidio contro ignoti, grazie alle pressioni di associazioni antimafia. Un elemento che fa propendere per l’ipotesi dolosa è che Alessandro Marcucci era un ex pilota dell’aeronautica militare coinvolto come testimone nell’inchiesta per la strage di Ustica.

LA PERIZIA che è ora al vaglio del pm Bertoni è corredata di un dvd in cui sono state registrate le fasi non solo delle autopsie, ma anche della riesumazione dei corpi dei due piloti: Sandro Marcucci, ex colonnello pilota di 47 anni, di Pisa e Silvio Lorenzini, avvistatore di 51 anni di Massa. Nell’esposto dell’associazione ‘Rita Atria’ si ipotizza che Marcucci sia “stato ucciso, forse da un ordigno al fosforo posto nel cruscotto del velivolo, perché in possesso di informazioni importanti sulla strage di Ustica». Sullo stesso velivolo viaggiava Lorenzini. Se così fosse dalla perizia dovrebbe emergere che nelle ossa c’e’ ancora traccia di un’esplosione. Il pm Bertoni che con grande scrupolo e rigore ha riaperto il caso sulla morte di Marcucci e Lorenzini precipitati a Campocecina preferisce per il momento non sbilanciarsi ma si comprende che vuole arrivare fino in fondo alla verità, quella verità che ha dovuto fare i conti nel passato con depistaggi, servizi deviati e una serie incredibili di morte sospette. L’associazione Rita Atria non crede all’errore umano del pilota Marcucci. L’associazione collega la morte di Marcucci ai tanti misteri della strage di Ustica avvenuto nella sera di venerdì 27 giugno 1980, quando un aereo di linea Douglas DC-9 della compagnia aerea italiana Itavia, decollato dall’aeroporto di Bologna e diretto a Palermo, si squarciò in volo all’improvviso e cadde nel braccio di mare compreso tra le isole tirreniche di Ustica e Ponza. Nel disastro persero la vita 81 persone.