Tecnici rapiti in Libia, Pollicardo quattro anni fa era scampato a un blitz

Lo spezzino era appena arrivato in Libia al momento del sequestro: "Un uomo esperto" / ORE DI APPRENSIONE PER LA FAMIGLIA / IL RAPIMENTO

Felice con la famiglia

Felice con la famiglia

Monterosso, 22 luglio 2015 – ERA tornato a casa per una ventina di giorni, ottenendo una licenza dall’azienda per stare vicino al padre e alla famiglia. Quella famiglia cui dedicava tutto se stesso non appena riusciva a liberarsi dal lavoro e a tornare a Monterosso, dopo mesi di lontananza. Gino Pollicardo, 55 anni, c’era abituato. Lavora in Libia da ormai sette anni, lui che è responsabile di campo e gestisce le risorse umane, il rifornimento dei viveri e le pulizie. Un diploma ottenuto al Liceo scientifico “Pacinotti’’ di Levanto, e poi tanta, tanta gavetta in giro per il mondo. Un uomo esperto nel suo campo, come lo hanno definito anche i colleghi di lavoro della Bonatti, il colosso di Parma per il quale lavora da decenni. Prima in giro per l’Europa, poi Sudamerica, infine Nord Africa. Libia, terra calda raggiunta anche domenica scorsa, con un volo Roma-Tunisi. Cosa sia successo dopo, durante il trasferimento al campo base, a pochi chilometri dal compound Eni, nella zona di Mellitah, nessuno lo sa. L’ultima telefonata alla famiglia, è arrivata probabilmente pochi minuti prima del sequestro. Poi il silenzio. E dire che Gino, proprio qualche anno fa, era riuscito a scampare a un episodio analogo. Pochi anni fa – era il 24 febbraio 2011, con la Libia in piena rivoluzione, con la caduta del governo Gheddafi in corso – centocinquanta operai della Bonatti furono fermati dalle autorità al confine tra Tunisia e Libia, mentre tentavano di raggiungere l’aeroporto di Melita. Gino Pollicardo riuscì a scampare a quel sequestro: riuscì a partire un giorno prima, dopo che il Governo italiano aveva sconsigliato la permanenza nel paese nordafricano. «Era organizzato in modo da avere una via di fuga, l’azienda aveva un volo da Tunisi per Malta» spiegano i famigliari. Tifoso juventino, tanto da non perdersi mai una partita, Gino utilizzava i giorni di ferie per stare unicamente con la famiglia. «Il tempo che ha, lo usa per la famiglia, per stare con la moglie, con i figli, con il padre – spiegano i parenti dell’uomo –. Spesso le sere d’estate va a fare il bagno, ama portare a spasso il cane Willy».