E’ di Giuseppe quel corpo sfigurato. Il test del Dna conferma l’identità

La biologa: «Positiva la comparazione col profilo dei genitori»

Giuseppe Colabrese (foto presa dalla trasmissione Chi l'ha visto?)

Giuseppe Colabrese (foto presa dalla trasmissione Chi l'ha visto?)

La Spezia, 22 ottobre 2015 - NON ci sono più dubbi: è lui, Giuseppe Colabrese, 27 anni, originaio di Sulmona, venuto in vacanza alla Spezia il primo agosto scorso e, qualche giorno dopo, ucciso da mani (per ora) ignote, nel bosco di Canarbino. La comparazione dei dna - quello estrapolato dalle ossa del cadavere e quello attinto dalla saliva dei genitori del giovane abruzzese - ha sciolto l’interrogativo allargando la voragine che già si era aperta nel cuore dei familiari della vittima e, allo stesso tempo, innescando la svolta investigativa tesa ora a tesaurizzare gli elementi raccolti dopo la denuncia di scomparsa del ventisettenne e il ritrovamento del cadavere - il 9 ottobre scorso, coperto da uno strato di terriccio, foglie e rovi - ai piedi di una piccola scarpata che si apre a lato del sentiero che attraversa il bosco da Canarbino a Cerri di Arcola.

Il risultato degli accertamenti disposti dal pm Claudia Merlino è arrivato ad una settimana di distanza del conferimento dell’incarico alla biologoca Simonetta Verdiani che, teoricamente, aveva un’altra settimana di tempo per ultimare gli esami di laboratorio presso l’istituto di Medicina legale del Dipartimento della Salute dell’Università di Genova. Formalmente l’atto non è stato ancora depositato.

MA LE interlocuzioni con il pm e la dottoressa Isabella Spinetti, consulente nominato dal legale che assiste i familiari della vittima, l’avvocato Federica Benguardato vanno nella direzione da una parte attesa e dall’altra scongiurata. Scongiurata dal genitori che fino all’ultimo hanno sperato che il cadavere non fosse quello di Giuseppe, attesa sul piano della logica a fronte degli elementi che già deponevano per il risultato poi cristallizzata dalle analisi scientifiche: età, statura e scarpe da ginnastica ai piedi del cadavere, le Nike Air Max, le stesse che indossava Colabrese al momento della partenza dal Sulmona, quando, il primo agosto, si imbarcò sul bus che lo portò alla stazione ferroviaria dell’Aquila per raggiungere, col treno, La Spezia; alla stazione, seguendo i fotogrammi del film costruito a Sulmona, l’incontro programmato con l’amico di vecchia data Francesco Del Monaco, 21 anni, col quale aveva concordato partenza e vacanze, quanto meno i primi giorni di esse.

ANCHE lo stato di avanzata decompozione nel quale venne trovato il cadavere aveva già portato ad ipotizzare, con alto tasso di probabilità, che il corpo senza vita fosse quello del giovane di Sulmona. Per i ritrovamento di Giuseppe i genitori, dopo le mancate sue risposte al cellulare a seguito delle chiamate iniziate il 15 agosto, si erano rivolti a «Chi l’ha Visto?». In quella sede, davanti alle telecamere, la mamma Anna Rita e il papà Luciano avevano riferito di aver saputo da Francesco che lo stesso, il 6 agosto, aveva accompagnato Giuseppe dalla Spezia a Genova, in coincidenza con la sua partenza col traghetto alla volta di Olbia e che il programma dell’amico era quello di tornare a Sulmona. Ma lì non è mai tornato. E non tornerà mai più. Omicidio volontario aggravato. Questo il titolo di reato per il quale il pm ha aperto il fascicolo a seguito del ritrovamento del cadavere e delle gravi ferite accertate al cranio dall’anatomopatologo Susanna Gamba: frammentato in più parti.

Corrado Ricci