Esercitazione fatale nel sommergibile. Ufficiali accusati di omicidio colposo

Calo di pressione nella garitta, incursore morì dopo un lungo coma

Alessandro Bergaglio, sergente degli incursori spirato il 30 luglio  del 2015 dopo due anni e sette mesi di coma

Alessandro Bergaglio, sergente degli incursori spirato il 30 luglio del 2015 dopo due anni e sette mesi di coma

La Spezia, 2 dicembre 2016 -A quattro anni quasi esatti dalla tragedia, si incardina oggi il processo-bis sull’incidente avvenuto il 4 dicembre del 2012 sul sommergibile Gazzana, nelle acque di Taranto, che coinvolse due incursori del Comsubin. Processo-bis perché, rispetto all’iniziale configurazione del procedimento per lesioni, le conseguenze del sinistro, alla distanza, si sono rivelate letali per uno dei due operatori, innalzando la soglia dell’imputazione, da lesioni gravissime colpose ad omicidio colposo. Fu il il sergente Alessandro Bergaglio - originario di Genova, residente alle Grazie, padre di famiglia con due figlioletti - a spirare, il 30 luglio dello scorso anno, a 38 anni, dopo due anni e sette mesi di immobilità assoluta, senza più riaprire gli occhi dal coma profondo nel quale era sprofondato in seguito all’arresto cardiaco sofferto per alcuni minuti a causa dell’incidente.

Oggi a Taranto è fissata l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di Manolo Minuto, ex comandante del sommergibile Gazzana, e Mario Caruso, comandante del Comsubin all’epoca dei fatti. Sono accusati entrambi di concorso in omicidio colposo e lesioni gravi: queste ultime sono quelle sofferte dal compagno di esercitazione di Bergaglio, il sottocapo Luciano Pennetta di 36 anni. I reati contestati sono ritenuti conseguenza della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro.

IL DRAMMA si era consumato nel Mar Piccolo di Taranto, nella garitta e del sommergibile Gazzana che, con muta e bombole, i due colleghi avevano raggiunto, dopo essere usciti dalla stessa poco prima. Doveva essere simulata, a 16 metri di profondità, un’operazione di soccorso al sommergibile alle prese con un’avaria. Durante l’operazione di svuotamento dell’abitacolo dall’acqua si verificò un imprevisto che comportò un calo immediato di pressione. Entrambi gli incursori persero i sensi. Lo capirono gli uomini nel sommergibile e sulla nave-appoggio, dopo il silenzio-radio. Soccorsi a razzo ma conseguenze pesanti: lesioni all’apparato uditivo per il sottocapo; al cervello per il sergente. Il primo è rimasto sordo, con l’effetto indotto di dover rinunciare alla carriera da incursore. Bergaglio – pellegrinando in vari ospedali nella speranza della ripresa, amorevolmente assistito dai suoi cari sostenuti dalla Marina Militare e dall’associazione degli incursori in congedo – ha vissuto allo stato vegetativo per due anni e sette mesi, fino a chiudere gli occhi per sempre, il 30 luglio del 2015.

NEL CAPO di imputazione formalizzato dal pm Raffaele Graziano, viene contestata ai due alti ufficiali l’inosservanza di specifiche disposizioni per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; l’accusa è quella di aver «omesso di procedere ad una adeguata valutazione dei rischi relativi alle operazioni di svuotamento della garitta del sommergibile anche mediate l’utilizzo di idonee e funzionanti apparecchiature e strumentazioni atte a verificare la pressione e il corretto andamento delle operazioni, nonché, in caso di necessità, a procedere ad una sollecita sospensione delle stesse». Per il pm, la procedura operativa di comunicazione tra gli incursori e il personale di bordo non sarebbe stata idonea.