SPECIALE LIBERAZIONE / L'Italia in guerra: le storie della gente e dei soldati in Toscana; "Noi, sopravvissuti alla fame"

Donald, il soldato che dormiva in tenda a Tirrenia; Marisa, la casalinga fiorentina che vide la sua città cadere e risorgere. Ecco chi, con coraggio, combattè la sua battaglia e vinse LO SPECIALE 2014 / LE IMMAGINI / LA LIBERAZIONE DI FIRENZE - VIDEO / LIVORNO DISTRUTTA DURANTE LA GUERRA: IL FILMATO / LO SBARCO DEGLI ALLEATI A MARINA DI CAMPO (ISOLA D'ELBA) - VIDEO

Un'immagine dei giorni della Liberazione

Un'immagine dei giorni della Liberazione

Francesco Marinari

Twitter: @framar1977

Firenze, 25 aprile 2015 - Da nord a sud della Toscana per liberarla, per restituire la libertà a un Paese che neanche conoscevano. Come lo scorso anno, La Nazione dà spazio alle storie dei soldati americani che liberarono le nostre città. Documenti che la Rete rende sempre accessibili. Documenti come quelli del Veteran History Project, il portale del Dipartimento di Stato americano dedicato appunto alle storie dei soldati, alle loro memorie di guerra su tutti i teatri in cui gli Usa furono impegnati, tra cui ovviamente anche l'Europa e l'Italia. In questo spazio, ospitiamo anche i ricordi di un soldato italiano e di una casalinga fiorentina che visse in città nel pieno dei combattimenti. Oggi, giorno della Liberazione, simbolicamente scelto in tutta Italia, il pensiero va a tutti i soldati che morirono per la libertà dell'Italia e a tutti gli italiani che contribuirono a fiaccare le forze nazifasciste in giornate tragiche, fatte di morte e distruzione.

Donald, il soldato nero che viveva in tenda a Tirrenia

Non tutti conoscono le storie dei soldati americani di colore che combatterono nella seconda Guerra Mondiale. Donald Spencer, sergente di prima classe, fece parte dei Buffalo Soldiers, di quell'unità poi raccontata nel film "Miracolo a Sant'Anna". Soldati che combatterono battaglie aspre sulla costa tirrenica e in Lunigiana, le zone che appunto sono i luoghi del film di Spike Lee, che riprendono un fatto realmente accaduto. Spencer ha raccontato, sul sito di Camp Darby, la sua vita in Toscana nei mesi della guerra. Spiegando il razzismo strisciante che esisteva nell'esercito americano. "I soldati bianchi vivevano in case vere e proprie, noi in tende sulla spiaggia di Tirrenia", spiega per far capire come la vita per un soldato di colore fosse dura. Spencer, nato a Thelma, North Carolina, coprì in lungo e in largo la costa toscana nella lotta ai tedeschi. E fu per diverso tempo traduttore. Ebbe subito familiarità con la lingua italiana e traduceva dall'inglese all'italiano e viceversa per far comunicare l'esercito con la popolazione. "Mi sono occupato anche dei feriti tedeschi, i prigionieri di guerra, che venivano curati sulle navi ancorate a Livorno". Ma il razzismo era sempre lì, strisciante. "Ebbi infinite difficoltà per sposare mia moglie (italiana, ndr, che Spencer conobbe durante la guerra) ma non solo: anche la mia promozione, nominalmente ottenuta, non mi è mai stata riconosciuta". Questo perché non furono rari i casi in cui i superiori gettavano nel cestino le pratiche delle promozioni dei soldati neri.

Natale, l'aviere italiano deportato in Germania e miracolosamente tornato: una storia da romanzo

La testimonianza di Natale Agostini, di Poppi (Arezzo), è presente nelle testimonianze raccolte sul sito dell'università di Caen. E' una storia quasi incredibile. La racconta in prima persona lo stesso Agostini, morto in un incidente stradale nel 2005. Militare dell'aviazione fascista, fu destinato alla zona di Trieste, Pola e Porto Rose. Lì lo colse l'8 settembre. "Lì ascoltammo il messaggio del maresciallo Badoglio: i tedeschi adesso sono vostri nemici". Agostini e altri soldati italiani furono catturati poco dopo dalle milizie del maresciallo Tito. "Era chiaro che volevano noi ma solo per uno scopo: prendere le nostre scorte di cibo e i nostri equipaggiamenti. Fino a quel momento avevano vissuto come bestie", racconta. Da qui, passa in mani tedesche e quindi, partendo con un treno carico di prigionieri, viene portato in Germania. Da qui, dopo aver lavorato in campi di lavoro, riesce a scappare su un treno e a tornare in Italia. Ricorda ancora quando il treno arrivò a Firenze. Era il maggio del 1944. Ci fu il ritorno in Casentino. Poi un nuovo arruolamento, stavolta con quello che una volta era il nemico, ovvero l'aviazione statunitense. Per sedici mesi fu impiegato nei bombardamenti delle difese antiaeree tedesche. Da qui il ritorno a casa, il ritorno alla vita normale nella provincia di Arezzo. 

Il diario di Marisa, fiorentina che vide la sua città sconvolta dalla guerra

E' un diario prezioso, che racconta i giorni precedenti la liberazione di Firenze. Un diario che fu poi consegnato all'Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (Arezzo). E' il diario di Marisa Corsellini, casalinga, classe 1927, che raccontò scrivendo quei giorni di ansia che poi diventarono di gioia, quando appunto i tedeschi in ritirata lasciarono la città. In quelle pagine che raccontano i giorni tra il 23 luglio e l'11 agosto c'è tutto. C'è il pane razionato, l'elettricità che va e viene e che poi se ne va definitivamente. C'è la distribuzione dell'acqua, in certi momenti sospesa. Situazioni difficili da capire oggi per i cittadini del 2015 ma terribilmente vere. Drammatici i giorni tra il 29 e il 30 luglio, quando il comando tedesco che stava per cadere ordinò di fatto l'evacuazione di parte del centro storico. L'esercito di Hitler stava preparando la ritirata dalla città e sgombrò le principali direttrici stradali. "Nella notte - scrive il 30 luglio - hanno privato la città di acqua e luce. Si vedono le persone lasciare le loro case con grossi fagotti sulla schiena, i loro effetti personali. Scene tremende". Dal 2 al 10 agosto 1944 Firenze vive i suoi giorni più duri, con gli Alleati e i tedeschi che si fronteggiano (nel diario gli Alleati vengono definiti "gli inglesi", ndr). "Facciamo lunghe file per un po' d'acqua e abbiamo diviso due etti e mezzo di pane in tre", racconta la donna. Il 4 agosto 1944, un venerdì, a Firenze piovve. Una pioggia benedetta, per lavarsi e per raccogliere l'acqua che tanto mancava e usarla per l'uso quotidiano. C'è poi il racconto delle mine. Mine tedesche che esplodono e distruggono i palazzi, "un dolore insopportabile vedere quelle costruzioni a noi così familiari cadere". Infine la liberazione dell'11 agosto. Firenze dovrà soffrire ancora per diversi giorni prima della sconfitta definitiva delle ultime sacche nazifasciste.

La Liberazione di Pisa nel video raccolto da Acquario della Memoria

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