Omicidio Ballestri, svolta choc. Indagato il padre del dermatologo

Mario Cagnoni avrebbe aiutato il figlio a nascondere il corpo

Matteo Cagnoni, accusato dell'omicidio della moglie Giulia Ballestri (Zani)

Matteo Cagnoni, accusato dell'omicidio della moglie Giulia Ballestri (Zani)

Firenze, 30 novembre 2016 -  NON SOLO avrebbe favorito il figlio, Matteo Cagnoni, nel tentativo di sottrarlo alla cattura, ma insieme a lui sarebbe tornato nella villa disabitata di Ravenna e lo avrebbe aiutato nel tentativo di nascondere il corpo senza vita della moglie, Giulia Ballestri. Per Mario Cagnoni, padre del 51enne dermatologo accusato di avere ucciso la moglie a bastonate il 16 settembre scorso, la Procura nuove formalmente due nuove ipotesi di reato: allarga ‘geograficamente’ quella del favoreggiamento da Firenze, dove il figlio si era rifugiato quel venerdì dopo l’omicidio, a Ravenna, dove avrebbe tentato di depistare le indagini pulendo la casa, rendendosi irreperibile in quei frangenti e portando poi con sé i due famosi cuscini sporchi di sangue poi ritrovati sulla sua auto. Ma, soprattutto, ed è questa la novità principale, gli attribuisce il concorso nell’occultamento di cadavere.

Un nuovo filone di indagine nell’ambito dell’inchiesta su un delitto che giorno dopo giorno non cessa di riservare sorprese e colpi di scena. Per l’accusa ci sarebbero stati sia Matteo che l’anziano padre Mario, 85enne dalla tempra d’acciaio, nella villa degli orrori in un lasso di tempo compreso tra venerdì 16 settembre, giorno dell’omicidio, e domenica 18 quando a tarda notte è stato rinvenuto il cadavere. Verosimilmente, sebbene ciò sia ancora da dimostrare, secondo l’accusa, padre e figlio potrebbero essere tornati in via Genocchi sabato 17, mentre il giorno dopo sono stati avvistati a Bologna allo studio dell’avvocato, prima ancora che il cadavere della donna venisse scoperto. Cosa hanno fatto nella villa? Avrebbero spostato il corpo, come evidenziano i segni di trascinamento messi sotto la lente dalla polizia, e nascosto il cadavere nella cantina. La Procura ha notificato nei giorni scorsi l’avviso di garanzia al padre. E contestualmente ha bissato il provvedimento di sequestro di abiti e scarpe del genitore, indumenti che già erano stati acquisiti nell’ambito del precedente favoreggiamento ‘fiorentino’, che su richiesta della difesa i giudici ravennati del Riesame hanno rispedito per competenza ai colleghi del capoluogo toscano. Questo sequestro fotocopia è però determinante. Le Timberland trovate a Firenze la notte del fermo, bagnate e messe ad asciugare sul termosifone, sono scarpe che hanno camminato sul sangue sparso nella villa. Ma diversamente rispetto all’ipotesi dei primi giorni, non apparterrebbero a Matteo bensì al padre Mario.

 

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