Troppi debiti, chiude Brandimarte: "L'artigianato a Firenze è finito"

Una birreria al posto dello storico argentiere: "Ci hanno lasciati soli"

Stefano Brandimarte

Stefano Brandimarte

Firenze, 18 marzo 2016 - "Ho piantato gli alberi davanti a casa mia. Io questa città non la voglio vedere più". E’ amareggiata Giada Guscelli, titolare insieme al fratello Stefano del laboratorio di argenti Brandimarte. Tra le lacrime racconta che un mese fa l’azienda, fondata dal padre, ha chiuso. "Ci siamo arresi. Ci stavamo riempiendo di debiti. Spero di sbagliarmi, ma l’artigianato artistico a Firenze è finito. Nessuno ha alzato un dito per sostenere la nostra impresa e quella dei nostri colleghi artigiani, i tanti che hanno già chiuso e quelli che chiuderanno a breve". "Non so cosa dovrebbe fare il Comune, ma so che hanno rovinato questa città", prosegue. "Firenze non è più il gioiellino per i turisti. La nostra città è fatta di grandi marchi di abbigliamento e pizza a taglio. Non si distingue più dalle altre, non è più attrattiva per gli stranieri, che una volta potevano trovare gli oggetti unici di artigianato artistico, ora non più". 

Un j'accuse che fa male e ancora di più a chi è fiorentino, ed è cresciuto con le argenterie di Brandimarte. "Io e mio fratello abbiamo iniziato a fare questo mestiere da piccoli. Ci abbiamo messo tutta la passione possibile, abbiamo fatto di tutto per mantenere aperta l’attività. Ma non ce l’abbiamo fatta", dice l’artigiana. Dai 90 dipendenti dei tempi d’oro, Brandimarte negli anni ha ridotto il personale, fino ad arrivare ai sei ultimi dipendenti, che dopo la chiusura hanno trovato lavoro altrove. Tre anni fa è stato chiuso il punto vendita di viale Ariosto, dove a breve aprirà una birreria, e un mese fa ha chiuso per sempre i battenti anche il laboratorio di via Ugo Foscolo, dove l’azienda, oltre che produzione, faceva la vendita al pubblico.

Dai 1.050 rivenditori in tutta Italia, si era passati a 40-50 negozi, che però, per la maggior parte, non facevano magazzino, ma compravano da Brandimarte solo ciò che vendevano. "La crisi dei consumi, i costi alti di affitto e del personale, la burocrazia, i prezzi alti dei metalli. Tutto ha contribuito in questi ultimi anni alla crisi – spiega ancora la signora Giada – ma la mazzata finale è stata l’embargo alla Russia. Si vendeva solo lì. I russi erano i nostri clienti perfetti: apprezzano gli argenti e, diversamente dagli americani, sanno riconoscere un prodotto fatto bene". "Ci siamo ridotti, purtroppo, a vendere due braccialetti ai nostri clienti fiorentini. Così, abbiamo chiuso. E adesso io, a sessant’anni – conclude l’ormai ex titolare di uno dei marchi più famosi nati a Firenze – mi devo reinventare. Sto cercando un lavoro e non nel settore dell’artigianato artistico, che non esiste più. Lo stesso dovrà fare mio fratello. Dopo una vita passata nell’azienda di famiglia, siamo costretti a fare altro".   

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