Paola e quell’amico di nome Arturo ‘Con il mio bastone in 4 continenti’

La disabile che non si arrende mai: «La malattia mi ha dato la spinta»

Paola Giusti in un viaggio in Senegal.

Paola Giusti in un viaggio in Senegal.

Montespertoli, 21 novembre 2015 - Con un bastone di nome Arturo e una inesauribile curiosità, la disabilità può superare ogni barriera. Dalla sua casa di Montespertoli Paola Giusti dice di sé: «Sono una vivace invalida». Non per niente il suolibro autobiografico a’intitola «Io, vivace invalida senza frontiere». Eppure le difficoltà non sono mancate: dalla malattia all’ombra del suicidio fino alla sedie a rotelle, sette anni fa. Nel mezzo, decine di viaggi in quattro continenti. Qual è stata la malattia che ha cambiato di colpo la sua vita? «La meningomielite, che mi colpì nell’estate del 1960. Avevo 16 anni e fino ad allora ero stata una ragazzina attiva. Poi un giorno non riuscii più ad alzarmi dal letto e così cominciarono cinque lunghi anni di cure». E quale impatto ebbe questa malattia sul suo stato d’animo?

«Per cinque anni ho nutrito la speranza di tornare alla mia vita attraverso la riabilitazione. È stata un’illusione che mi ha aiutato a dedicarmi alla mia guarigione. A 21 anni potevo camminare, ma ero una zoppa. Fu lì che cominciai a pensare al suicidio: le cure non portavano altri miglioramenti. Per me, che avevo sognato di fare la trapezista, era terribile». Cosa la fermò? «La mia forza e l’amore per i miei genitori. Fu un momento cruciale: decisi di vivere e mi dissi che avrei dovuto recuperare tutti gli anni passati in ospedale. Così partii prima per Parigi, poi per Colonia, dove ho insegnato per vent’anni ai figli di immigrati e lavorato alla radio». Quando ha cominciato a viaggiare? «Proprio quando vivevo in Germania, approfittando delle vacanze scolastiche per visitare gli stati europei. Poi mi sono spinta fino in Brasile, Messico, Senegal, Israele. Negli anni successivi ho continuato a viaggiare, sempre sola».

Non hamai avuto paura di fare viaggi così lunghi e lontani, sola con la sua disabilità? «Mai. C’è sempre stato Arturo ad aiutarmi e comunque la curiosità mi ha sempre spinto oltre. Da bambina guardavo la cartina geografica sognando di viaggiare il mondo. La malattia non aveva spento quella curiosità». Nel 2008 la sua vita cambia di nuovo. Questa volta a causa di un incidente... «Sì, con la frattura del femore non sono più tornata come prima e oggi mi sposto con la sedie a rotelle». Cosa pensa del dibattito sollevato da Iacopo Melio? «Quel ragazzo ha ragione, ci sono barriere architettoniche ovunque. Ho scritto anche al sindaco di Montespertoli, ma non ho ricevuto risposta. Comunque non rinuncio a viaggiare». Il prossimo viaggio? «Santo Domingo. Qui trascorro l’inverno da 18 anni. Poi voglio andare in Australia...». La malattia le ha più tolto o più dato? «Sul piano fisico mi ha tolto tanto: il ballo è il grande sogno perduto. Però mi sono comportata come se la disabilità non ci fosse. Questo mi ha dato di più, fino a raggiungere obiettivi impensabili»