«Marinella, le percosse e la nostra speranza di un processo rapido»

Parla l’avvocato della famiglia Bertozzi

I carabinieri

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Empoli, 30 agosto 2015 - SI RAFFORZA la difesa di parte civile mentre si guarda a un appuntamento chiave nel giallo di Querce: l’incidente probatorio del 25 settembre. E parla per la prima volta l’avvocato Giacomo Ciardelli che, con i suoi collaboratori, affiancherà Valentina Pinori, il legale che in questa intricata vicenda rappresenta il fratello della vittima, Roberto Bertozzi. Intanto resta in carcere Giacomo Benvenuti, 39 anni, operaio di Santa Croce, detenuto a Sollicciano con l’accusa di avere ucciso la moglie Marinella Bertozzi, 50 anni, sanminiatese. Come vi avevamo raccontato a metà agosto, il gip del tribunale di Firenze, Alessandro Moneti, ha rigetto la richiesta avanzata dai legali del presunto omicida, Luca Tafi e Antonio Voce, che per il loro assistito avevano chiesto una misura meno afflittiva del rigore carcerario. «Abbiamo argomentato in modo puntuale tutte le ragioni per cui la richiesta dei domiciliari andava respinta», dice l’avvocato Ciardelli. «Nella richiesta, in base alla perizia di parte, si parlava anche di come gli ematomi presenti sul corpo di Marinella Bertozzi fossero compatibili con più cadute. Noi diciamo che sono compatibili con più percosse ripetute visto che questa tesi trova ampio conforto nell’attività investigativa svolta».

BENVENUTI è in carcere dal marzo scorso quando, dopo mesi d’indagini, il pm Sandro Cutrignelli aveva messo insieme un quadro di gravi indizi di colpevolezza confortato da una mole di intercettazioni telefoniche e ambientali nelle quali emerge - secondo la Procura - l’attrazione verso le possibilità economiche della moglie, odio per il cognato e nessun dolore per Marinella. Anche la villa dove la donna fu trovata morta il 30 ottobre scorso, così come il grande giardino che la circonda, restano sotto sequestro. La donna venne trovata nuda, coperta solo da un lenzuolo, distesa sul letto la sera del 30 ottobre. L’autopsia rivelò che la morte era stata causata da un arresto cardiaco conseguente a fratture e contusioni interne. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori l’uomo aveva sempre avuto comportamenti aggressivi verso la moglie. E la sera del 30 ottobre le avrebbe telefonato minacciandola. Secondo alcuni testimoni, lei si sarebbe lasciata sfuggire la frase: «Questa volta le gambe non ce le levo«. Rientrata a casa - secondo la Procura - il marito l’avrebbe colpita con calci, pugni e oggetti contundenti fino a provocarne fratture e lesioni ad organi vitali. «Auspichiamo che presto vengano chiuse le indagini - dice l’avvocato Ciardelli - per arrivare velocemente al rinvio a giudizio».