Giallo di Campriano, la verità dei Palleggi: non volevamo rubare, attirati in trappola per l'eredità contesa. La polizia: corretto il nostro agente

I coniugi furono arrestati per tentato furto a Campriano, ma loro dicono: arrivati fin lì seguendo la moto di uno che ci minacciava

I coniugi Palleggi

I coniugi Palleggi

Arezzo, 26 agosto 2014 - Ora parliamo noi. Nel giallo di Campriano escono allo scoperto i protagonisti, quelli che furono arrestati, ovvero i coniugi Palleggi, Pier Giovanni e la moglie Renè, americana, arrestati la notte del 31 luglio per tentato furto dopo un movimentato inseguinento. Ebbene, dicono loro, non abbiamo commesso reati, siamo stati attirati in trappola per darci una lezione sull'eredità contesa.

All'origine di tutto, infatti, c'è l'eredità che divide la famiglia, il castello di Valdicolle trasformato in relais: da una parte il figlio Pier Giovanni con la moglie, dall'altra la mamma, vedova di Nanni Palleggi, il creatore della struttura ricettiva, morto da qualche anno. Lei ora ha un nuovo compagno, un noto professionista cittadino. Secondo i Palleggi, è quest'ultimo che ai primi di luglio si presenta a Valdicolle con fare intimidatorio, accompagnato da altre due persone. Nei giorni successivi i coniugi spiegano di aver individuato in uno dei due il sospetto autore di alcuni gesti intimidatori contro la villa di Bagnoro. E grazie al numero di targa, raccontano ancora loro, la sera del 31 luglio, uscendo dal Valdicolle, scoprono una moto da lui guidata appena fuori della proprietà.

La seguono e li porta fino a Campriano, dove nella villetta di proprietà del compagno della moglie loro dicono di non aver tentato di rubare niente. Ma almeno un danneggiamento c'è, alla catena de cancello. Per la polizia è la prova che era un tentativo di furto anomalo, un dispetto dettato dal rancore. La difesa proverà a ottenere perlomeno la derubricazione a danneggiamento.

Comunque sia, da Campriano, mentre scendono di nuovo verso Arezzo, i Palleggi dicono di essersi accorti che un furgone li insegue. Dentro c'è un poliziotto della Volante che vive appunto in zona, allertato da un vicino. Secondo loro, l'agente taglia la strada, li blocca, tira fuori la pistola e li ammanette in malo modo. Poi in questura ci sarebbero stati nella notte altri atteggiamenti non proprio gentili, come la limitazione nell'andare al bagno e la difficoltà a parlare con l'avvocato.

Fonti della polizia negano: il poliziotto che ha fatto l'arresto si è comportato in modo corretto, i Palleggi avrebbero tentato di sfiggure a un primo alt da parte di una volante. Quanto a quel che è successo in questura, tutto viene ridimensionato a semplici incomprensioni e a piccoli ritardi nella redazione degli atti. La parola fine la dirà il giudice Gianni Fruganti nel processo per direttissima del 18 settembre.