Referendum, il giorno delle reazioni. Segretario Pd: «Occasione persa»

Dissidenti del No, Vignini chiede il congresso. Macrì: «Riforme insieme»

Arezzo, 6 dicembre 2016 - Da una parte c'è chi non nasconde la delusione, dall'altra c'è chi sfoggia la massima soddisfazione. Fioccano le reazioni il giorno dopo la debacle del «sì» al referendum costituzionale. Reazioni come quella del segretario provinciale del Pd Massimiliano Dindalini: «Un’occasione persa. Renzi ha probabilmente sbagliato a personalizzare la consultazione, resta una piccolissima consolazione perché a livello locale abbiamo fatto un buon lavoro, infatti il sì ha vinto quasi ovunque. Credo che la riflessione che abbiamo iniziato a giugno sull’esigenza di un modello di partito diverso sia positiva ed è opportuno proseguire su quella strada». Per il coordinatore provinciale di Forza Italia Maurizio D’Ettore quella di ieri è stata una bella giornata. «Mi sembra evidente che vince il voto popolare e democratico nonostante tutti, dai media ai poteri forti, fossero schierati per il sì. Il voto è stato su una riforma completamente sbagliata, personalizzare la consultazione è stata una scelta di Renzi. Sono contento che il voto sia stato trasversale. In provincia vince il sì? Non credo sia il dato più significativo». È contento anche Massimo Ricci del Movimento 5 stelle: «Felice dell’alta affluenza e del risultato. È evidente che gli spot da Vanna Marchi e le immagini patinate non fanno presa. Grazie a Renzi perché ha fatto sì che la gente tornasse a occuparsi della Costituzione, ora si vada alle elezioni, con una legge elettorale che sia costituzionale». Per Francesco Macrì di Fratelli d’Italia «È stato uno straordinario successo di popolo. Non si può pensare di togliere per troppo tempo la voce agli elettori. Quando si scrivono le regole bisogna farlo insieme, non a colpi di maggioranza. A suo tempo sbagliò la destra, oggi ha sbagliato Renzi». Il capogruppo in Comune di Ora Ghinelli Giovanni Bonacci spiega di essere «contento per la partecipazione al voto, segno di democrazia che funziona. Nel merito, ritengo sia stata fatta una scelta giusta, gli elementi negativi della riforma superavano di gran lunga quelli positivi». La Cgil si è schierata apertamente con il no e quindi esprime soddisfazione anche il segretario provinciale Alessandro Mugnai: «Non siamo contro le riforme, anzi le vogliamo, ma questa era pensata male, a dire poco. Anche nel metodo e infatti ha prodotto un’azione “sfascia-paese“. In Toscana ha vinto il sì ma, qui come in Emilia, l’organizzazione sul territorio da parte del centrosinistra è molto vasta e capillare. Adesso dobbiamo scongiurare il pericolo di cadere in un’eterna campagna elettorale. Meglio elezioni subito e riforme vere».Tra i dissidenti di sinistra si leva la voce di Andrea Vignini: «Situazione per me strana, da un lato sono contento del risultato, dall’altra combattuto. È spiacevole scontrarsi con persone con cui hai condiviso anni di militanza. Che serva al Pd per capire che la strada imboccata era quella sbagliata, come era sbagliata la riforma in sé. Adesso serve un congresso per fare chiarezza, l’importante è che non diventi un concorso di bellezza ma per capire cosa fare in prospettiva futura anche in termini di alleanze. È evidente che da soli non si vince».

Arrivano anche i commenti da parte dei parlamentari aretini. sul suo profilo facebook il deputato Maurizio Bianconi ne ha un po’ per tutti quando osserva: «Adesso c’è da sfatare alcuni luoghi comuni: gli italiani sono meno scemi di quanto qualcuno si ostini a pensare; la tv non conta più; è finito il tempo dei venditori di pentole e delle madonnine infilzate». Il parlamentare Samuele Segoni di alternativa libera commenta soddisfatto il dato sull’affluenza: «Spesso si commette l’errore di paragonare il popolo italiano ad un gregge di pecore, invece quando si è trattato di difendere la Costituzione più bella del mondo ha capito e si è mobilitato in massa». Il collega Marco Baldassarre rincara la dose: «Poco più di 19 milioni di votanti hanno mandato un messaggio chiaro: l’uomo solo al comando non ci piace. L’idea è stata respinta nel 2006 quando a proporla fu Silvio Berlusconi, è stata respinta quando a proporla è stato Matteo Renzi. Resta viva una Costituzione che per quasi settant’anni ci ha garantito diritti e doveri».