ROSSELLA CONTE
Cronaca

"Vuoi un lavoro, spogliati". Ma se è per amore, si può

Accusato di violenza sessuale, assolto noto chef

Violenza sulle donne

Viareggio, 12 novembre 2016 - NESSUNA violenza sessuale. Avances spinte, battute volgari, baci, palpeggiamenti, carezze sempre più intime e frettolose non sono reato se a farle è un «uomo innamorato».

Questa è una delle considerazione che ha portato il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Lucca a respingere la denuncia di Y.S., una ragazza di 32 anni, contro il potenziale datore di lavoro.

I FATTI risalgono al gennaio 2014 quando la donna, marocchina, ospite di una casa famiglia di Lucca, si presenta in un noto ristorante viareggino con un curriculum in mano e il sogno di trovare un lavoro. Ma è solo l’inizio di un incubo. Perché le attenzioni del cuoco – che si occupa della selezione del personale – sono ogni giorno più pressanti, diventano inviti a uscire, scuse per rivedersi («Manca il certificato» o «Ho bisogno di vederti ancora, poi il posto sarà il tuo», solo per fare qualche esempio), attenzioni che dagli apprezzamenti sempre più volgari diventano carezze insistenti, palpeggiamenti e violenza. Lui sostiene di aver avuto un rapporto consenziente, tesi accolta dal Gup per il quale «il fatto non sussiste», lei invece no. Nessun consenso, né nessuna storia d’amore.

IL NOTO chef, secondo la tesi sostenuta dal legale della vittima, Eleonora Romani, le avrebbe strappato i pantaloni, spogliata e stuprata. Giusto il tempo di scambiare qualche parola («Lo vuoi il posto allora...») e lei si sarebbe trovata con le spalle schiacciate contro un muro e con le mani dell’aggressore addosso che non le davano modo di muoversi, di scappare mentre lui continuava a palparla, a morderle l’orecchio, andando sempre oltre. Sono iniziati poi giorni difficili per la trentaduenne marocchina, finita in passato in una tratta di prostitute, sopravvissuta e scampata alla strada e poi accolta in una casa famiglie a Lucca. Giornate passate nel letto, senza dormire né mangiare, con la rabbia nel cuore e quel tremolio sottile nelle gambe. Ma ancora con un filo sottile di speranza: che prima o poi giustizia sia fatta. «Questa decisione è inaccettabile – conclude l’avvocato Romani – noi andremo avanti con la nostra battaglia legale. Si tratta di una battaglia di civiltà: non può farla franca».