REDAZIONE VIAREGGIO

Poste dovrà risarcire 128mila euro di arretrati

Il tribunale ha accolto la richiesta economica di un autista, dipendente di una ditta appaltatrice. Il contratto è stato ritenuto illegittimo

Una differenza retributiva di oltre 256mila euro è il pagamento al quale il Tribunale di Lucca ha condannato Poste Italiane, chiamata a risarcire un lavoratore di 53 anni operante tra Viareggio e Lucca. Una cifra alla quale vanno aggiunti anche i contributi di cui ha diritto l’Inps, con cui si arriva ad un totale di circa 280mila euro. Il diretto interessato, assistito dall’avvocato Daniele Biagini, del foro di Massa, ha lavorato per le Poste come autista dal 1990 fino al 2017, formalmente alle dipendenze di una ditta appaltatrice.

A non essere legittimo, secondo lui, era proprio il contratto di appalto in questione che lo inquadrava in una categoria diversa da quella poi effettivamente ricoperta. Tesi accolta dallo stesso Tribunale nel 2017 che, in quell’occasione, ravvisò un rapporto di lavoro a tutti gli effetti subordinato tra il lavoratore e Poste Italiane. Vano il ricorso da parte dell’azienda davanti alla Corte d’Appello di Firenze che, nel maggio 2019, confermò la sentenza di primo grado. In sostanza il lavoratore, oltre all’attività (prevista da contratto) di svuotatura delle cassette di impostazione e di consegna e ritiro dei prodotti postali, avrebbe svolto anche mansioni diverse, tipiche di un dipendente postale come, ad esempio, attività di sportello nei confronti del pubblico. Ma non solo. Secondo la sentenza, ulteriormente chiarita in sede d’appello, il soggetto avrebbe svolto questa pluralità di compiti in maniera continuativa, secondo turnazioni ordinarie che rendevano il regime orario a tutti gli effetti a tempo pieno, e non quindi un part-time come invece sostenevano i termini dell’assunzione. Viene da sé la differenza di retribuzione. Differenza quantificata dal consulente incaricato e riconosciuta dal giudice del lavoro, Alfonsina Manfredini, che ha quindi accolto la richiesta economica dell’autista, condannando Poste Italiane all’assuzione e al versamento della cifra mancante: 256mila euro appunto. Una somma che, oltre al gap tra lo stipendio percepito e quello spettante, tiene conto anche delle ferie, permessi, Rol, nonché premi di produttività e Tfr. Soldi che in questi 30 anni non sarebbero entrati nelle tasche del lavoratore. In più il diritto di Inps a ottenere da Poste oltre 35mila euro in termini di contributi.

Una sentenza che non dovrebbe suonare come nuova. La stessa cosa è accaduta qualche mese fa, a febbraio, quando l’azienda venne condannata a risarcire altri 4 lavoratori, assistiti sempre dall’avvocato Biagini (su uno di questi si è espressa favorevole anche la Cassazione). La società, inoltre, ha contenziosi aperti anche in altre regioni. Per la serie, la storia si ripete.

Teresa Scarcella