MARTINA DEL CHICCA
Cronaca

La storia di Malfatti: "Sono la presidente. Ma c’è chi non accetta una donna al timone"

Ha iniziato da addetta al distributore di gasolio e fatto 10 anni di gavetta. Dal 2015 guida la Cittadella della Pesca e l’intera filiera del settore ittico. "Eppure ancora oggi c’è qualcuno che continua a chiamarmi segretaria".

La storia di Malfatti: "Sono la presidente. Ma c’è chi non accetta una donna al timone"

La storia di Malfatti: "Sono la presidente. Ma c’è chi non accetta una donna al timone"

Dieci anni di gavetta. Era il 2005 quando Alessandra Malfatti entrò nel mondo della pesca come addetta al distributore: "Rifornivo di gasolio i pescherecci". Dieci anni dopo, nel 2015, è stata nominata presidente, "La presidente", della Cittadella della pesca: al timone della filiera che cura la fase di lavorazione, trasformazione, commercializzazione e promozione del pescato locale e riunisce l’intera flotta marinara viareggina con un piano di espansione del mercato ittico da 8milioni di euro ottenuti con un progetto di sviluppo sostenibile del settore attraverso un bando Pnrr.

Presidente Malfatti, secondo lei un articolo può fare la differenza?

"Pensavo di no. O comunque non davo al linguaggio la giusta importanza, nella convinzione, errata, che in fondo la forma non fosse importante quanto la sostanza. Invece tutto è sostanza, e anche il linguaggio è strumento per un cambiamento culturale verso la parità di genere. L’ho capito leggendo e ascoltando altre donne, come Michela Murgia. Così anche nell’impegno politico, come consigliera comunale, all’inizio del mandato firmavo come “il consigliere delegato“ (per la frazione di Torre del Lago ndr) e oggi mi firmo “La consigliera“. Perché è questo che sono: la consigliera, la presidente, una donna che ha un ruolo".

Quando ha iniziato a lavorare?

"Sin da quando andavo a scuola perché così ci hanno cresciuto i nostri genitori, con un’alta concezione del lavoro e incoraggiandoci ad essere indipendenti. E quindi d’estate facevo le stagioni, mentre d’inverno ero addetta alle porte del Carnevale. Terminati gli studi sono entrata in uno studio commercialista, poi ho lavorato nella contabilità in un ingrosso ittico. Per un periodo sono stata anche impiegata al museo Puccini, mentre la sera lavoravo in un bar. E a ventotto anni è capitato quel posto al distributore..."

Com’è cominciata la scalata?

"Una mattina mentre andavo in Capitaneria sono caduta, e mi sono rotta una gamba. Così sono stata costretta a rimanere ferma un mese. Nel frattempo il posto al distributore di gasolio è stato coperto da un’altra persona e sono rientrata nella Cooperativa con un nuovo ruolo. Insieme all’ex presidente della Cooperativa Niclo Vitelli abbiamo cominciato a lavorare al progetto dell’organizzazione di produttori della Cittadella della pesca, all’epoca non avevo incarichi ma ero il braccio operativo".

E nel 2015 Vitelli, chiamato a ricoprire un alto incarico nel momento cooperativo toscano, ha indicato lei per la presidenza.

"Non so quanti altri lo avrebbero fatto. Ma lui sì. Quando ha ceduto il testimone ha scelto me, e lo ha fatto pur sapendo che non sarebbe stato facile, per questo mondo, accettare una donna in un ruolo dirigenziale. Lo ha fatto perché riteneva che lo meritassi, al di là del genere. Mi auguro che quella che sembra ancora una cosa straordinaria possa diventare una consuetudine ".

Dopo dieci anni, oggi, viene riconosciuta nel suo ruolo?

"Devo essere sincera? Non sempre, sento che qualcuno ha ancora difficoltà ad accettare una donna al comando e che preferirebbe un uomo. Anche se sono arrivata dove altri non sono arrivati. C’è chi mi chiama segretaria... E anche economicamente non ho lo stesso riconoscimento che avrebbe un uomo".

Non le pesa?

"Non tanto per me, mi pesa però rendermi conto la strada per la parità di genere è ancora lunga. Spero che la mia generazione possa allungare il passo".

Come vive questo incarico?

"Nel ruolo di presidente della cooperativa sento forte il peso della responsabilità, in un momento segnato da una grave crisi economica. Una cooperativa è come un famiglia, sai anche quando scadono le bollette degli altri soci. E di questi tempi, spesso, la notte è difficile anche prendere sonno..."

E come concilia il suo lavoro con la famiglia?

"Perché le due sfere possano convivere c’è bisogno della collaborazione e della comprensione di tutti i membri della famiglia, e noi siamo riusciti a costruito un equilibrio che permette a tutti di non rinunciare ai sogni".