"Ho subìto atti di bullismo". Gli studenti si confessano. La lezione dei Carabinieri come una terapia di gruppo

Oltre 300 giovani hanno gremito il teatro per l’incontro promosso dall’Arma. Insulti, offese, esclusioni: i ragazzi hanno affidato le loro storie al microfono.

"Ho subìto atti di bullismo". Gli studenti si confessano. La lezione dei Carabinieri come una terapia di gruppo

"Ho subìto atti di bullismo". Gli studenti si confessano. La lezione dei Carabinieri come una terapia di gruppo

Il microfono passa tra le poltroncine come fosse un megafono liberatorio, sorretto da giovani mani sudate dall’emozione. Perché ci sono storie piene di cicatrici che prima di ieri mattina erano rimaste custodite nei cassetti dell’anima, sussurrate a pochi intimi. Da Alessandra (i nomi sono di fantasia) che veniva chiamata "scimmia" per la crescita dei peli dovuta a sbalzi ormonali, fino a Sergio che lo facevano sentire "diverso" in quanto rumeno. E poi Giulia guardata male perché alle gonne preferiva la tuta, Paolo perché era nato senza metà orecchio, Luca che agli insulti e alle botte reagiva allo stesso modo, Sabrina che ha sofferto di disturbi alimentari per le angherie subite e Francesco preso in giro perché sovrappeso.

Una confessione a cuore aperto e inaspettata, tanto da diventare una sorta di terapia di gruppo, quella che gli studenti del “Don Lazzeri-Stagi“ hanno fatto al teatro “Galeotti“, gremito da 300 giovani convocati dall’Arma dei carabinieri per una lezione speciale su bullismo e cyberbullismo. Alla fine sono stati una quindicina a farsi coraggio tirando fuori angosce che si portavano dentro da tempo, alcuni addirittura fin dalle elementari. E chissà quante altre continuano a giacere nel sommerso, schiacciate da paure e sensi di colpa. Il capitano Marco Colella, comandante della compagnia di Viareggio, è riuscito nella non facile impresa di schiudere questi involucri. Con lui, sul palco, il docente Giovanni Guidi, referente del team anti-bullismo attivato tre anni fa al “Don Lazzeri-Stagi“, e il sindaco Alberto Giovannetti. Fino alla presenza dei comandanti Angelo Meoli (Pietrasanta) e Fausto Del Vecchio (Tonfano), i reparti radiomobile e l’assessore alla polizia municipale Andrea Cosci. "La vostra – ha detto Colella rivolto ai giovani – è un’età delicatissima perché state formando il carattere. Dovete riconoscere i sintomi di quello che può sfociare in bullismo, non abbiate paura a parlarne con i vostri coetanei e con gli adulti. Pensateci bene prima di divulgare foto o informazioni private: appena schiacciate ’invio’ sul telefono non si può più tornare indietro. E se vi accorgete di qualcosa non tiratevi indietro, non fate da spettatori: è bullo anche chi si gira dall’altra parte e non interviene".

E per sondare il terreno, Colella ha invitato i giovani a dichiarare cosa farebbero se volessero bullizzare il prossimo. All’inizio c’è stata un po’ di reticenza, tra sorrisi e applausi spontanei per smorzare il nervosismo ma anche per farsi coraggio. Poi il microfono è diventato lo strumento per tirare fuori dubbi e certezze. Svelando ciò che alcuni ragazzi hanno subìto: insulti, offese sull’aspetto fisico, prevaricazioni, pizzicotti e schiaffi, sgambetti sulle scale, foto intime sui social alla mercé di tutti. Oppure la sgradevole esperienza provata dai giovani bullizzati, che in media hanno tra i 7 e i 17 anni: l’esclusione dai gruppi. "Ci sono passato alle elementari: sono rumeno – dice Sergio – e a causa di questi comportamenti per un periodo mi volevo chiudere in me stesso. Ho rischiato di cadere nella depressione". E se Daniela ritiene più utile l’indifferenza di fronte al bullo per non dargli soddisfazione, Anna invece ha provato sulla propria pelle quanto sia più facile a dirsi che a farsi: Sono brasiliana e per questo mi offendevano. Ho sofferto, a casa piangevo. Non è facile fare l’indifferente". Poi c’è Paolo, il giovane nato senza metà orecchio, difetto che lo ha accompagnato per molto tempo: "Alle elementari mi prendevano in giro. In classe subivo insulti anche sul referto che certificava il mio problema, se prendevo un voto alto lo sminuivano. Reagivo con rabbia, poi ho imparato a passarci sopra, mi sono operato e sono andato dallo psicologo. Dalle medie in poi ho smesso di ascoltare gli altri e mi sono concentrato solo su me stesso". Ad ogni confessione il teatro rimbomba per gli applausi. È un crescendo continuo, con le testimonianze che si susseguono come in una catena creando in sala un clima di complicità e vicinanza. Tra tutti: istituzioni, carabinieri, docenti e studenti.

"Se mi insulta uno che non mi conosce ci passo sopra – ha detto Fabrizio – ma quando arriva da persone di cui ti fidi è decisamente peggio. Le mie foto in costume hano fatto il giro dei telefoni". Sabrina, invece, i disturbi alimentari li ha sofferti alle medie: "Il bullismo mi aveva creato ansia. Si sta male: bisogna parlare con genitori e insegnanti". Le due ore sono volate via, non prima degli ultimi racconti. Come quello di Massimo che si è buttato sullo sport per autocontrollarsi e non reagire male ai bulli. Oppure Silvio, dislessico: "Quando mi chiamavano ’down’ mi bloccavo". E Alessandra, che i bulli definivano "scimmia" per i peli di troppo: "A causa di quelle battute ero arrivata a non piacermi e ad avere problemi a relazionarmi con gli altri".

Daniele Masseglia