Cro chiuso per un positivo che era vaccinato "Possibile, ma il siero evita la malattia grave"

Lunardini: "Nel 90% dei casi chi ha fatto le iniezioni è protetto dalle conseguenze peggiori. Un collega ha superato la crisi in due giorni, senza prevenzione sarebbe finito in rianimazione". Quiriconi: "Sarà come l’influenza, per la quale si fa un richiamo all’anno"

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di Beppe Nelli

Cro Darsene chiuso per Covid. Capita. I gestori, correttamente, hanno sospeso l’attività per un caso di positività in attesa di riaprire in sicurezza. Ma il caso peculiare è che, come hanno annunciato, la persona positiva aveva fatto entrambre le dosi del vaccino e si è infettata lo stesso. Una conferma delle tesi dei no-vax? Neanche per idea: col vaccino ci si può infettare lo stesso ma, e questo vale per 90 casi su 100, non ci si ammala, o si hanno sintomi ridotti, e comunque non si muore. Vi pare poco? Il vaccino protegge sempre, lo spiegano due medici molto quotati.

Umberto Quiriconi è il presidente provinciale dell’Ordine dei medici: "Si può contrarre l’infezione pur essendo vaccinati, ma nella stragrande maggioranza di questi casi il paziente è asintomatico o poco sintomatico. Quasi mai ha bisogno di ricovero ospedaliero. Infatti 9 ricoverati su 10 sono persone non vaccinate. E’ ormai provato che il vaccino è un ottimo presidio per ostacolare la diffusione dell’infezione. E’ priva di fondamento anche la diceria diffusa dai no-vax per cui il vaccino faciliterebbe la creazione di varianti mutate del Covid. La variante Delta, oggi la più diffusa, è esplosa in India quando appena il 3% di quella popolazione era vaccinata".

"Gli ultimi studi pubblicati – prosegue Quiriconi – dicono che al contrario più è diffusa la vaccinazione, più essa ostacola la replicazione del virus, anche il Delta, perché trova organismi non ricettivi o scarsamente ricettivi. Puntiamo all’immunità di gregge per impedire la diffusione del virus, e nella nostra provincia i casi sono in lieve calo rispetto ai giorni scorsi. Il Covid è un adenavirus come il raffreddore: noi speriamo che la vaccinazione riduca gli effetti del virus a quelli di un raffreddore o un’influenza. Alla fine il Covid sarà come i virus del raffreddore e dell’influenza, faremo la terza dose e quasi certamente un richiamo ogni anno come, appunto, accade con l’influenza il cui patogeno muta da un anno all’altro. Pensiamo a una cosa: il virus è intelligente, per sopravvivere e moltiplicarsi deve infettare gli ospiti ma non ucciderli tutti, altrimenti muore anche lui: è una legge di natura".

Tesi confermata da un altro medico notissimo per essere stato sindaco, l’urologo Luca Lunardini che racconta la propria esperienza ospedaliera: "A gennaio sono stato uno dei primi a vaccinarmi. I vaccini sono l’unica arma vera, insieme alla prevenzione. Ci si può infettare lo stesso perché il Covid è un virus fondamentalmente respiratorio: arriva alle mucose del naso e della bocca, entra nell’organismo a quel punto i nostri anticorpi lo aggrediscono e lo eliminano. Però gli anticorpi devono essere attivati e, senza vaccino, l’organismo li deve produrre da zero. Ciò richiede giorni o settimane in cui la malattia si sviluppa nella sua completezza, compresa la famigerata polmonite bilaterale che porta al ricovero, anche in rianimazione, e in alcuni casi purtroppo alla morte".

"Al contrario – sottolinea Lunardini – col vaccino la memoria immunologica è già pronta, si iniziano a produrre subito gli anticorpi che eliminano il virus prima che determini i danni maggiori. Questo accade nel 90% dei casi, che è moltissimo rispetto allo zero che c’era prima del vaccino. Quindi i vaccinati possono infettarsi, ma tra di loro è crollato il numero dei ricoveri e soprattutto dei decessi. In ospedale abbiamo avuto un collega vaccinato che si è ammalato, con patologie associate importanti: senza vaccino avrebbe rischiato la rianimazione e la vita, invece se l’è cavata con un paio di giorni di ossigeno a basso dosaggio rimanendo in osservazione al pronto soccorso".

Caso dei casi, una delle figlie di Lunardini è diventata medico in piena epidemia, iniziando l’attività nel servizio Usca dei tracciamenti domiciliari: "Una figlia è una figlia, ma non sono mai stato preoccupato per lei, soprattutto dopo i vaccini. Infatti, nonostante l’esposizione professionale al virus, ora sta facendo la specializzazione in urologia".